Eleonora Perraro, uccisa a botte e non ancora sepolta dal 5 settembre perché il marito (in cella) si oppone

«Sono Eleonora Perraro. Non molto tempo fa sono stata ritrovata priva di vita a Nago. Avevo passato la serata in un bar con mio marito Marco ed il mio cane Achille. E poi. E poi mi sono ritrovata qua. In questa camera mortuaria a Rovereto. Il tempo si è fermato. Ed è tuttora fermo, come se qualcuno avesse premuto il tasto “pausa” durante il film della mia vita».
Fanno venire i brividi le parole con cui mamma Mariangela dà voce alla sua Eleonora, uccisa all’inizio dello scorso mese di settembre durante una serata trascorsa con il marito Marco Manfrini (in prigione, unico accusato della sua morte) al bar Sesto grado di Nago-Torbole. La lettera che ha pubblicato sulla pagina Facebook di «Progetto Alba Chiara», la giovane di Tenno uccisa dal suo fidanzato, è sicuramente un modo per ricordarla, per fare in modo che non cali l’attenzione sul fenomeno della violenza contro le donne.

Ma la voce che mamma Mariangela presta a quella figlia che le è stata strappata con tanta violenza vuole anche denunciare il fatto che il suo corpo esanime è ancora senza sepoltura.
«Sono rinchiusa al buio, io che tanto amavo la luce. Sono come un carcerato che attende di poter rivedere il sole. Per ora la mia sentenza non è stata pronunciata. Ma se ci penso bene non sono io il colpevole. Sono la vittima. Sono una donna che è stata brutalmente ammazzata. Che è stata deturpata. La mia ultima linea di difesa è stato il mio amato cane Achille. Lui è ancora vivo ma porta i segni dei colpi ricevuti quella notte.
Mio marito Marco non fornisce il nulla osta per la mia sepoltura. Dice che il mio corpo svelerà la verità sugli accadimenti. Povera sciocca che sono stata. Ho sempre pensato che amore e verità fossero sinonimi. Ho sempre pensato che giustizia e compassione fossero sinonimi. Durante la mia vita non ho mai giudicato nessuno e di certo non ho intenzione di cominciare ora che la mia vita è finita. Il mio pensiero va alla mia famiglia che non ha un luogo per venire a salutarmi. Mia madre è dilaniata dal dolore e non si capacita di quanto è accaduto».

A togliere anche il penoso conforto di una tomba su cui piangere, sono le regole del procedimento giudiziario. La procura non ha posto freni, ha già dato il nulla osta alla sepoltura. Ma ovviamente dev’esserci l’accordo della famiglia. E per famiglia, legalmente, s’intende anche il marito.

È lui che allo stato attuale si oppone alla sepoltura: al momento è in carcere ed è l’unico indagato per la morte della moglie, dice di non ricordare quanto accaduto quella notte e pensa che l’eventuale sepoltura potrebbe cancellare prove a suo discarico. Il procedimento è per altro ancora i fase preliminare: si attendono ancora gli ultimi risultati delle analisi del Ris. E Marco Manfrini in questa fase ha deciso di esercitare il suo diritto alla difesa anche in questo modo. Può farlo.

Questo ovviamente provoca ulteriore dolore alla mamma di Eleonora. Che invita a non dimenticare il problema della violenza sulle donne: «Dalla mia prigione - continua dando voce ad Eleonora - ho sentito per alcuni giorni voci sensazionalistiche contro la violenza sulle donne. Come se ci dovesse sempre scappare il morto per accendere i riflettori su un tema di civiltà. Poi le luci si sono spente e io sono rimasta qua. Fino a quando ci sarà una altra Eleonora. Una Francesca. Una qualunque.
Credo che la giustizia debba garantire sia il colpevole che la vittima. Io e non mi sento garantita perché ancora non ho un luogo dove io possa riposare in pace».

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