Festa di battesimo da vip, ma non pagano il conto

Per il battesimo di un familiare non aveva badato a spese: menù gourmet annaffiato da ottimo vino per un esercito di 69 invitati. D'altronde perché darsi la pena di risparmiare per un evento così importante se poi si evita di saldare il conto del ristorante? È proprio quanto deve aver pensato M. R, trentino di 37 anni, noto alle forze dell'ordine, ma evidentemente non al «Prime Rose» di Levico, ristorante gettonatissimo per banchetti e ricevimenti. L'uomo, che ha lasciato 3.393 euro di conto non saldato, è ora a processo per insolvenza fraudolenta. 

La vicenda risale alla primavera scorsa. L'odierno imputato per il battesimo aveva puntato su un ristorante di fascia alta, il Prime Rose scelto ogni anno da un centinaio di coppie per celebrare la festa di matrimonio in una location di prim'ordine. L'uomo, con tono amichevole e confidenziale, fece una prima telefonata chiedendo la disponibilità per una festa di battesimo per il 30 aprile 2017. In seguito il cliente visitava la struttura per visionare la sala ricevimenti, concordare il menù del pranzo, confermare la prenotazione per la data indicata. Pur non conoscendo il cliente, i titolari non avevano motivo di dubitare della sua affidabilità.  

Anche quando il 30 di aprile i quasi 70 ospiti iniziarono ad affluire dopo il battesimo, la proprietà del ristorante non aveva ragione di sospettare. Gli invitati scendevano da automobili di grossa cilindrata indossando vestiti eleganti. Lo stesso si può dire dell'organizzatore della festa che si era sempre presentato come una persona distinta che sfoggiava al polso costosissimi Rolex. Insomma, non sembrava il tipo di cliente che si dilegua prima di pagare il conto. 
Il pranzo pare sia stato gradito da tutti. M. R., quando il banchetto si stava concludendo, era andato a pagare. Dal portafoglio aveva estratto 1.000 euro in contanti. Il resto insisteva per pagarlo in una seconda fase per ringraziare la titolare dell'ottimo servizio. Le parti si accordavano per inviare via mail e Whatsapp un resoconto delle prestazioni con relativa ricevuta fiscale.  

Il giorno seguente, primo di maggio, la documentazione fiscale veniva spedita al cliente, ma questi non si presentava, come aveva promesso, presso il ristorante per pagare il residuo debito. Non si trattava di spiccioli visto che rimanevano da pagare ancora 3.393 euro. Nei giorni seguenti la titolare tentava ripetutamente di telefonare a M. R., ma l'uomo o non rispondeva o prometteva di pagare nei giorni successivi. In un'occasione il cliente confermò che il 6 di giugno sarebbe passato al Prime Rose per pagare il dovuto. Il ristorante provvedeva a riemettere la ricevuta fiscale, ma ancora una volta il cliente non teneva fede all'impegno preso. 
La titolare, allarmata dal comportamento sfuggente del debitore, faceva una breve ricerca su internet. Digitando nome e cognome del cliente scopriva che l'uomo, insieme ad altri membri della famiglia, era noto alla giustizia. Le auto di grossa cilindrata e i Rolex ostentati al polso non potevano più celare quello che assumeva sempre più le sembianze di un «bidone». Anzi, un «bidone» con il sapore della beffa: nell'ultima telefonata fatta dalla titolare, il cliente rispondeva al cellulare dicendo di essere in vacanza con i soldi della ristoratrice. Alla beffa ha fatto seguito una querela presentata dalla legale rappresentante della società che gestisce il ristorante. L'ultima parola ora spetta al Tribunale.

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