Trento Rise, arrivano le prime condanne Patteggiano per missioni e pranzi a sbafo

Dopo anni di indagini serrate, di nuovi filoni di inchiesta, di richieste di rinvio a giudizio, dal Vaso di Pandora che fu Trento Rise escono anche le prime condanne. Sono relative ad un procedimento «minore», ma emblematico su come venissero gestite le risorse pubbliche in un consorzio che, nelle intenzioni, doveva essere all'avanguardia sul fronte dell'innovazione.

I pm Pasquale Profiti e Alessia Silvi contestavano infatti una notevole disinvoltura nei rimborsi spese. In particolare la procura puntava il dito su indennità di missione chieste per trasferte di lavoro «fantasma», ma anche su pranzi pagati con la carta di credito di Trento Rise con commensali che non avevano nulla a che vedere con l'attività professionale. Di qui la contestazione dei reati di truffa e peculato.

Nei giorni scorsi hanno scelto di patteggiare due ex dirigenti del consorzio, nel frattempo finito mestamente in liquidazione. Sono Ivan Pilati , 43 anni di Mori, ex responsabile dell'area business, difeso dall'avvocato Giovanni Rambaldi, e Roberto Robol, 48 anni di Rovereto, ex responsabile dell'ufficio amministrativo, difeso dall'avvocato Fabrizio Casetti: la pena applicata è stata rispettivamente di 1 anno e 6 mesi e di un 1 anno e 4 mesi. I due hanno anche risarcito il danno con 8.000 euro Pilati e con 5.000 euro Robol. Un terzo imputato, ex responsabile dell'Ufficio legale, è deceduto: per la sua posizione la sentenza è stata quindi di non luogo a precedere.

Secondo l'accusa, la truffa sulle indennità di missione si sarebbe concretizzata attraverso la presentazione di «falsi documenti». In questo modo gli indagati avrebbero tratto in inganno l'ufficio incaricato di liquidare le spese. In particolare a Robol la procura contestava 76 missioni (con rimborsi che andavano da pochi euro ai settanta) dal novembre 2012 al febbraio 2015. A Pilati invece venivano contestate 75 missioni dal giugno 2013 al giugno 2015, con picchi di rimborso da 250 euro.

L'accusa di peculato si riferisce all'utilizzo della carta di credito fornita da Trento Rise per pagare pranzi che gli imputati, al contrario, avrebbero dovuto saldare di tasca loro, non essendo incontri di lavoro. Si va da pasti da poche decine di euro ad altri da un centinaio, quasi tutti in ristoranti cittadini o nei sobborghi: lo Scrigno del Duomo, l'Antico Pozzo, La Canonica, l'Orso Grigio o l'Orostube, solo per citarne alcuni. Per l'accusa gli ex dirigenti di Trento Rise avrebbero fatto figurare quei pasti come incontri di lavori, «cammuffandoli» poi nell'elenco delle spese di rappresentanza.

Secondo quanto emerso dalle indagini del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza in realtà quelle ricevute non erano però riconducibili a spese di rappresentanza e soprattutto, nella maggior parte dei casi, non erano avvenute con i commensali indicati, che - sentiti dagli inquirenti - hanno negato la loro presenza. In altri casi Pilati e Robol avrebbero pagato di tasca propria, chiedendo poi un rimborso.
Intanto sul fronte Trento Rise prosegue anche il processo nel procedimento sulle consulenze legali «gonfiate». Esauriti i testi dell'accusa, ora tocca ai testimoni chiamati dalle difese dei cinque imputati. La sentenza è attesa prima dell'estate.

comments powered by Disqus