Diossina e Pcb nel Garda «Inquinamento persistente»

Tra il 2015 e il 2016 è stato fatto un monitoraggio ma a 10 mesi di distanza non sono ancora noti i risultati. Intanto resta vietata la pesca delle anguille

Acqua del Garda inquinata. Rimane il divieto di pesca. Lo ha confermato la Provincia: contaminazione da diossina e policlorobifenili

«Diossina e Pcb (policlorobifenili) sono inquinanti organici persistenti nel lago di Garda» lo ha spiegato in aula consiliare in questi giorni, l'assessore all'ambiente della giunta provinciale, Mauro Gilmozzi. Ecco il perché della proroga di divieto di pesca delle anguille che continua ormai da anni. Contaminati sono i fondali, dove le anguille vivono, non le acque.

Ed è certo che, come spiegava a l'Adige il 20 giugno 2015, Marino Ruzzenenti, «Policlorobifenili e diossine (che sono sostanze cancerogene, ndr) sono indistruttibili, rimangono in eterno, per cui non si mangeranno mai più anguille del Garda». È l'amara verità raccontata dallo storico dell'ambiente bresciano, che rivelava, sempre in quell'occasione, come la causa vada ricercata con ogni probabilità nella «gestione delle centrali idroelettriche a monte, perché dotate di grandi trasformatori che funzionavano con olii Pcb.

Erano riempiti di questo olio - spiegava - per impedire che il trasformatore andasse in corto circuito. È un olio che serviva a stabilizzare i trasformatori. L'olio esausto veniva probabilmente gettato nell'acqua corrente, parliamo di un periodo tra gli anni '30 e gli anni '80. È stato nel 1984 che il Pcb fu vietato in Italia. Non ci possiamo immaginare quante tonnellate di Pcb e diossine siano finite in fondo al Garda in mezzo secolo. Non erano solo le centrali elettriche a impiegare questi olii ma tutte le industrie».

Spiegazione confermata anche da Gilmozzi (Upt) che in aula consiliare, rispondendo a un'interrogazione di Claudio Civettini (Civica trentina), ha fatto sapere: «L'Agenzia provinciale per l'ambiente (Appa) ha avviato una specifica ricognizione e mappatura delle principali sorgenti di contaminazione di Pcb (con particolare riferimento ai trasformatori elettrici e condensatori) che hanno interessato il bacino Garda-Sarca negli ultimi decenni. Ne è risultato che tutti gli apparecchi contenenti Pcb sono stati sottoposti a un programma di smaltimento o decontaminazione che si è concluso nel 2010, come previsto dal decreto 209 del 1999», anche se con qualche eccezione.

«In Trentino è ancora presente qualche isolata situazione, che viene comunque monitorata». Gilmozzi ha riferito che Appa il 19 ottobre ha eseguito «un campionamento dei sedimenti lacustri su 4 punti lungo la sponda trentina; a tal fine, sono stati ripresi anche i siti monitorati nel 2011 in modo da confrontare i risultati».


Gilmozzi ha ricordato che «La Provincia di Trento, Lombardia e Veneto, in accordo con il ministero della salute e gli istituti zooprofilattici sperimentali dell'Abruzzo e del Molise, della Lombardia e dell'Emilia Romagna e delle Venezie, hanno deciso di attuare un monitoraggio congiunto nel periodo dicembre 2015-febbraio 2016». Il fatto è che a 10 mesi di distanza non sono ancora noti i risultati: «Le attività di campionamento e di analisi delle anguille pescate - ha affermato infatti Gilmozzi - si sono concluse regolarmente. I dati analitici sono i fase di elaborazione da parte dell'istituto zooprofilattico sperimentale dell'Abruzzo e del Molise». E Gilmozzi quindi si ha ribadito quanto già risposto nel giugno 2015: «Si tratta, quindi, di inquinanti organici persistenti, dotati di struttura chimica stabile e considerevole vita media, con scarsa biodegradabilità»

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