La bella storia di una famiglia trentina che ha accolto un giovane migrante

Quando hanno aperto la porta della propria casa ad Abodulaye, richiedente protezione internazionale giunto in Italia dalla Libia, non sapevano che quel prezioso gesto di concreta solidarietà avrebbe richiesto di lì a poco un impegno, una generosità ancora più grande.

Ciononostante, quando nel viaggio del giovane senegalese, dopo la violenza, il deserto e il Mediterraneo si è presentata una nuova, terribile sfida, hanno mantenuto tese le loro mani e le hanno strette in un abbraccio ancora più forte.

Protagonisti una mamma, un papà e i due loro figli; una famiglia trentina che ha saputo esprimere un’accoglienza profonda, sincera, autentica, fino in fondo.

Abodulaye è mancato pochi giorni fa, a soli ventisette anni; un tumore ha interrotto il suo cammino verso una nuova vita qui, in Trentino, dove era arrivato nell’agosto del 2015 con un «viaggio della speranza» partito dal Senegal, il Paese d’origine lasciato per motivi politici.

L’accoglienza fra le mura di casa è iniziata verso la fine dello scorso anno e non è mai venuta meno grazie alla disponibilità della famiglia e al sostegno delle diverse realtà impegnate con i profughi coordinate dalla Provincia. Un periodo segnato, per il giovane richiedente asilo, da nostalgia e dolore ma senza mai perdere la speranza grazie all’affetto della famiglia che lo ha ospitato e all’impegno del personale dell’accoglienza e delle strutture sanitarie di Trento e Rovereto.

Abodulaye ha coltivato fino all’ultimo istante il sogno di studiare, conoscere, approfondire, laurearsi, migliorarsi, dopo aver imparato velocemente l’italiano frequentando assiduamente i corsi alla Residenza Brennero.

In tanti, dalla famiglia che lo ha accolto agli operatori, dai connazionali ai volontari, si sono attivati per consentirgli di riabbracciare qui in Trentino, prima che fosse troppo tardi, i famigliari più stretti, la mamma e il fratello. E tante sono le persone che gli sono state vicine anche nel suo ultimo viaggio.

Nell’ambito dell’accoglienza straordinaria – fa sapere il Dipartimento salute e solidarietà sociale attraverso il Cinformi – sono dodici i profughi che hanno trovato ospitalità presso otto famiglie trentine; alcune di queste esperienze sono ancora in corso. Sono vissuti di incontro, dialogo, straordinaria generosità e condivisione di quella «sensazione di casa» che molti migranti hanno dovuto lasciare al Paese d’origine.

Per la famiglia che ha accolto Abodulaye la sfida è stata ancora più grande: dare speranza a chi, purtroppo, si stava inesorabilmente spegnendo. A questa famiglia va il più sentito ringraziamento.

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