Talenti trentini all’estero Ricerca della meritocrazia

Nel 2015 sono partiti in 2.875: in tre anni +20,6% e pochi ritornano

di Lorenzo Basso

Nel solo 2015 sono 2.875 i trentini hanno lasciato il territorio di nascita per andare a cercare fortuna all’estero, nel tentativo di affrancarsi dalla famiglia di origine, trovare un lavoro, oppure migliorare le proprie opportunità professionali.

In tre anni il numero di persone che ha lasciato la nostra provincia - dirigendosi solitamente verso Austria, Germania, Svizzera e Regno Unito - è cresciuto del 20,6%, mentre i rientri restano molto bassi, soprattutto tra i giovanissimi.

Il dato, presentato nell’ambito del convegno introduttivo alla Giornata della mobilità «In partenza per l’Europa» mostra come la popolazione trentina sia interessata ancora oggi da un vasto fenomeno migratorio, che ha ripreso intensità negli ultimi anni - in particolare modo a partire dal 2013, quando sono partiti in novecento - in ragione della crisi occupazionale.

Il numero di partenze registrate in Trentino, quasi doppio rispetto a quelle della provincia di Bolzano, è contenuto all’interno dell’undicesimo rapporto sugli italiani nel mondo, elaborato dalla Fondazione Migrantes, ente che fa capo alla Cei (Conferenza episcopale italiana), con l’intento di comprendere un fenomeno in espansione.

Dalle informazioni fornite dai responsabili della ricerca, la nuova ondata migratoria che interessa il Trentino rispecchia quella in corso nel resto d’Italia, dove a partire - 107mila nel corso dell’ultimo anno - sono soprattutto i giovani in età compresa tra i 18 ed i 34 anni, in possesso di un elevato titolo di studio oppure di alte competenze.

Non si tratta, si è detto, di «cervelli in fuga», ma di persone talentuose interessate a realizzarsi umanamente e professionalmente. Del totale dei trentini partiti, quasi 1.400 erano in età lavorativa.

«È evidente - spiega Delfina Licata, responsabile del rapporto - che, nella maggior parte dei casi, la ragione della partenza va rintracciata nella mancanza di opportunità occupazionali. Nondimeno, il progetto migratorio delle persone che lasciano il nostro Paese è spesso poco definito: si parte nella speranza di trovare un piccolo lavoro, magari anche slegato dal percorso di studi effettuato.

Poi, una volta all’estero, ci si sposta in base alle opportunità e all’esperienza maturata. Di rado si riesce a tornare in Italia, anche se lo si desidera».

In merito alle speranze riposte dai giovani in partenza, emerge come il solo fatto di potersi affrancare dalla famiglia d’origine sia una fonte di motivazione, assieme a quella di poter lavorare in un contesto internazionale e di veder adeguatamente retribuito il proprio lavoro. «Ci troviamo - spiega Licata - dinnanzi a persone che si spostano alla ricerca di condizioni professionali migliori, il che, tuttavia, non significa avere il lavoro dei propri sogni. Vi sono ragazzi laureati che fanno i camerieri a Londra, e che si dicono soddisfatti per le migliori condizioni salariali ottenute all’estero».

Un aspetto singolare del fenomeno in corso è rappresentato daii giovani nuclei famigliari, di sovente formati da coppie non sposate con figli in tenera età. Il dato si evince dai minori trasferiti all’estero nello scorso anno con meno di 9 anni, arrivati a superare le 300 unità.

Anche per quanto riguarda gli over 65, il numero delle partenze - 163 solo nel 2015 - è in aumento. «In questo caso - conclude Licata - parliamo di pensionati che raggiungono i figli all’estero o che cercano di migliorare la qualità di vita in relazione alla pensione percepita».

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