Il giovane senegalese ingiustamente arrestato ora denuncia per diffamazione il consigliere Cia

Non ne fa una questione di soldi, ma di principio. A due mesi dal clamoroso errore di riconoscimento, il 21enne senegalese ingiustamente arrestato per spaccio ha deciso di procedere contro il consigliere provinciale Claudio Cia.

La denuncia, depositata in procura dall'avvocato Giorgio Pontalti, è per diffamazione aggravata e per violazione del Codice della privacy, in particolare dell'articolo 167 sul trattamento illecito dei dati personali.

Sul profilo Facebook dell'esponente di «Agire per il Trentino» era infatti apparsa l'immagine del senegalese in manette mentre veniva arrestato, con il commento «Fuori uno... spacciatore inseguito in stazione e preso. Altra giornata calda in piazza Dante...adesso vedremo che fine farà».

Nei giorni successivi, inoltre, era stato scritto, sempre su profilo Facebook di Cia, che lo straniero nel processo per direttissima era stato giudicato colpevole per il reato di spaccio di droga, mentre in udienza il giudice aveva solamente convalidato l'arresto, rinviando il processo di dieci giorni. 

Era seguita l'assoluzione «per non aver commesso il fatto», ma intanto il giovane si era fatto tre giorni di carcere e il suo volto era diventato ormai «noto» a causa delle fotografie pubblicate dal consigliere e riprese da alcuni siti internet.

 

Il senegalese, che ha 21 anni ed è richiedente asilo, era stato arrestato per colpa del cappellino che indossava. Era accaduto nel pomeriggio del 16 giugno, un giovedì, quando a distanza di poco tempo due persone si erano sentite male dopo aver assunto sostanze stupefacenti.

L'intervento del 118 aveva evitato il peggio ed una giovane soccorsa, al «risveglio» dell'overdose, aveva indicato un giovane con la pelle scura, che stava passando in piazza Dante, come colui che le aveva venduto la droga. Il sospettato era stato fermato a bordo di un treno, in partenza per Rovereto. Aveva contribuito all'arresto anche Claudio Cia che, dando ascolto alle indicazioni della testimone, aveva seguito l'africano fino alla stazione ferroviaria indicando ai carabinieri il convoglio sul quale era salito. 

Sarebbero stati il berretto e le sue scarpe rosse a trarre in inganno la donna che aveva puntato il dito contro di lui: grazie alle telecamere di via Manci (luogo in cui sarebbe avvenuta la cessione di droga), e piazza Dante (in cui appare un uomo simile all'arrestato, ma con pantaloni diversi) e per merito delle indagini difensive dell'avvocato Giorgio Pontalti, il senegalese è stato assolto dal giudice Enrico Borrelli. A quel punto il consigliere Cia ha pubblicato su Facebook le sue scuse, dichiarando di essere disposto a coprire tutte le spese che il senegalese aveva dovuto affrontare.

«Lo avevo dichiarato fin dal primo giorno. Non ho ricevuto nessuna risposta - evidenzia Claudio Cia - E sarei stato disponibile, e lo sono ancora, ad incontrarlo per porgergli direttamente le mie scuse». 

Il ventunenne, ospite della residenza di via Fersina ed in attesa di sapere quale sarà il suo futuro di richiedente asilo, è arrivato in Italia due anni fa, a bordo di una «carretta del mare». Nel suo Paese d'origine, come ha raccontato al suo legale, lavorava saltuariamente come pescatore, ma aveva lasciato tutto per giungere in Europa.

«La decisione di procedere con la denuncia - spiega l'avvocato Giorgio Pontalti - è nata da una ferma volontà del ragazzo, che non ne fa una questione economica, ma di principio: era stato subissato di telefonate dal Senegal e da altri Paesi ed esortato dai parenti e dai conoscenti ad andare avanti. La notizia apparsa su Facebook aveva destato preoccupazione e sconcerto fra quanti lo conoscono, soprattutto perché la notizia del suo arresto era stata divulgata da un personaggio pubblico».


 

«Se mi aspettavo la denuncia? Diciamo che gli errori sono stati fatti ed io non mi sono nascosto dietro ad un dito. Quello che potevo fare l'ho fatto e, se non è stato sufficiente, è giusto che ognuno percorra le strade che ritiene più opportune. Quindi posso capire la decisione del giovane».

Claudio Cia incassa. La possibilità di una denuncia era nell'aria, nonostante il consigliere provinciale si sia detto fin da subito disposto a coprire le spese sostenute dal senegalese. Se fosse stata una questione di soldi, sarebbe già stata risolta. Il 21enne invece bada più al principio che alla sostanza e per questo ha incaricato il proprio legale di procedere per diffamazione e per violazione della privacy. 
Non è la denuncia in sé a preoccupare Cia.

«Tutto ciò che c'era da fare l'ho fatto, dalle scuse alla proposta di un rimborso - evidenzia - Invece mi pesa che mi abbiano dato del razzista». Una polemica che viaggia tutta in rete. Dopo il post sul suo profilo Facebook pubblico con la foto del giovane africano in manette, si erano scatenati i commenti.

«C'è chi mi ha accusato di "rigurgiti razzisti". Ecco, questo non lo posso accettare - spiega - voglio anche evidenziare che fra i commenti c'è quello del medico africano Hilaire Kameni, che lavorava al San Camillo. Mi ha scritto "Forza fratello". Questo post mi ha fatto molto piacere e dimostra che il razzismo con questa storia non c'entra».

Cia, che è assistito dall'avvocato Marcello Paiar, è pronto a difendersi. «Ho fatto tutto il possibile per scusarmi con il giovane, ho subito pubblicato un post su Facebook e inserito una comunicazione sponsorizzata, a pagamento, ma - dice - non sono stato io ad indicare che lo spacciatore era il senegalese. Molti hanno sostenuto che sia stato io a riconoscere il soggetto e quindi io "a farlo finire in prigione ingiustamente", cosa falsa. Semmai si può discutere sull'opportunità di utilizzo di Facebook».

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