Orlando, dalle associazioni appelli contro l'omofobia

Si rincorrono anche in Italia, nel mondo della cultura e dell'attivismo civico le prese di posizione dopo la tragedia di Orlando, Florida, in cui un omofobo fondamentalista religioso islamico ha ucciso 50 persone ferendone altrettante, in un locale per omosessuali.

«Dobbiamo combattere l’omofobia tutti insieme, attraverso la cultura della non discriminazione a garanzia dei diritti fondamentali di ogni persona e di una società nuova ed inclusiva senza pregiudizio alcuno, perchè l’ignoranza e i pregiudizi uccidono ogni giorno anche se non ce ne accorgiamo»: lo afferma Fernando Fracassi, presidente dell’associazione ‘Insieme per i dirittì, commentando la strage di Orlando.

«Esprimo le mie sincere condoglianze al popolo americano dopo l’attacco criminale di matrice omofoba avvenuto la scorsa notte, che ha provocato la morte di 50 giovani e il ferimento di oltre 53. Una strage orrenda, che sarà ricordata come la più grave nella storia della comunità lgbt» conclude Fracassi.

«L’insensata strage di Orlando è l’ennesima orribile prova che l’omofobia esiste e che di omofobia si muore. Non sono più giustificabili in alcun modo sia il tentennare della politica nel promuovere la lotta alla omotransfobia, sia l’insana propaganda dei gruppi fondamentalisti che da anni rovinano le vite delle persone lgbt, infangandole utilizzando strumentalmente gli argomenti della “lobby gay” e della “invasione gender”»: è il commento di Andrea Rubera, portavoce di Cammini di speranza, associazione delle persone lgbt cristiane italiane.

L’associazione rivolge il suo appello alla politica e alla chiesa. «È ora che la politica si assuma le sue responsabilità - dice Ribera - e metta in campo azioni decise, sia informative sia preventive contro l’omotransfobia. Sullo slancio del dolore e dello sdegno espressi da papa Francesco oggi, auspichiamo che le comunità cristiane prendano atto, senza indugio alcuno, della realtà diffusa dell’omotransfobia e che si propongano come agenti di cambiamento, anche prendendo le distanze da ogni movimento che ponga in essere azioni e diffonda pregiudizi con ricadute sul malessere fisico e psichico delle persone lgbt«.

«Tuttavia, benchè la strage di oggi abbia colpito al cuore la comunità lgbt, Cammini di Speranza non cesserà mai di sostenere i costruttori di ponti che, a difesa di ogni minoranza e valorizzando ogni diversità, gettano le basi per il cambiamento della comunità mondiale«.

Dopo la strage di Orlando al Gay Village, la manifestazione estiva romana dedicata al mondo lgbt, aumenteranno le misure di sicurezza e sebbene la legge lo vieti, saranno fatte anche perquisizioni: lo ha detto Vladimir Luxuria, ex parlamentare e tra i promotori della manifestazione. Secondo Luxuria, che ha auspicato che ora tutti scrivano ‘io sono gay’, l’attentatore della strage è un «omosessuale represso».

«Sicuramente il Gay Village non lo chiuderemo - ha detto ai microfoni di Radio Cusano - perché significherebbe darla vinta a chi vuole farci vivere nel terrore. Ma siamo freddi e consapevoli. Aumenteremo le misure di sicurezza, abbiamo il metal detector. Abbiamo anche la volontà di andare contro la legge, perchè la legge ci impedisce di fare perquisizioni a tutti quelli che entrano, che invece noi perquisiremo, nonostante i divieti».

Luxuria ha detto la sua sulla strage di Orlando: «Credo che lui fosse un omofobo violento in quanto omosessuale represso.

Anche questa cosa che lui picchiava la moglie solo perchè non aveva fatto il bucato, mi dà l’idea che odiava le donne perchè era un gay represso. Il fatto di aver reagito al bacio tra due uomini in maniera così violenta era perchè voleva ammazzare quel gay nascosto dentro di lui».

«Tra le altre cose - ha aggiunto - voglio ricordare che i fondamentalisti dell’Isis ce l’hanno con i gay, li mettono sugli edifici più alti e li buttano dall’ultimo piano, poi però arruolano nei loro eserciti dei ragazzini di dodici anni che violentano. Sono dei pedofili in realtà».

Infine, un auspicio: «Quando c’è stato l’attentato a New York erano tutti americani. Spero che tutti quelli che in passato hanno scritto Je suis Charlie, o Je suis Francois, oggi scrivano Io sono Gay, per lanciare un messaggio chiaro a tutti gli omofobi del mondo».

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