«Più tutela per le madri al lavoro»

di Angelo Conte

«Il calo delle nascite è dovuto a fattori culturali e economici. Occorre lavorare sulla tutela delle mamme lavoratrici e sul sostegno alle famiglie per provare a far cambiare questa tendenza». Carlo Buzzi, sociologo, docente a Trento, è uno di coloro che la materia demografica la conosce meglio. Di fronte ai dati che arrivano dall'Istat spiega che occorre intervenire per rendere meno complicato il fatto di pensare di avere un figlio e di copiare, se possibile, esempi che altrove tendono a premiare la natalità, come nella vicina Svizzera.
Buzzi sottolinea come il problema non si risolve solamente con «più posti in asilo nido, perché spesso le famiglie che sono in situazioni di difficoltà economiche non riescono neppure a pensare di mandare un bimbo al nido. E sempre più spesso per poter sopravvivere dignitosamente occorre che tutti e due i genitori lavorino e guadagnino». Una condizione sociale ed economica che si traduce nel fatto che «anche chi desidera un figlio, rimanda la decisione per poter avere la certezza di potergli dare lo stesso tenore di vita che hanno avuto i genitori. Ma in questo modo al massimo poi si arriva a farne uno solo di figlio quando va bene».
Altro aspetto su cui intervenire è quello del sostegno alla famiglia in «modo sostanzioso. In Svizzera alla nascita del figlio si dà un sostegno finanziario fino al 18° anno di età del figlio a tutte le famiglie senza guardare la situazione economica. Si tratta di un assegno importante che aiuta davvero». A differenza, sottolinea ancora Buzzi, degli assegni familiari che sono ridotti nell'entità e vengono presi solo da chi ha redditi davvero bassi.
Altro aspetto su cui occorre lavorare, secondo Buzzi, è quello della tutela delle madri lavoratrici, per le quali basterebbe aumentare la quota di lavoro part time al rientro in azienda dopo la nascita del figlio. «Oggi c'è poco part time in questo senso - afferma ancora Buzzi - perché il part time in Italia è visto con sospetto, ma una donna che viene inserita con un part time in realtà ha la possibilità di essere messa in grado di dare un grande contributo all'azienda e allo stesso tempo può concentrarsi sul lavoro senza dover sempre pensare come organizzarsi con i figli».
Per Buzzi, la scelta corretta dovrebbe essere quella di spostare parte delle risorse del welfare sulle famiglie e sui figli, per evitare un circolo vizioso pericoloso.
«Se il territorio invecchia sempre più e diventa sempre più elevata la quota di popolazione anziana e si fanno meglio figli, le risorse del welfare vanno verso le persone anziane. Ma se gli anziani assorbono una fetta importante delle risorse che potrebbero andare al sostegno della natalità, la situazione in prospettiva peggiora, perché le risorse del welfare non sono infinite» sottolinea ancora Buzzi. Che invita a cercare di guardare a Paesi come «Svezia o Francia, dove le donne lavorano di più e fanno anche figli, a dimostrazione che le due figure, di madre e di lavoratrice, non sono inconciliabili».

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