Un orto all'ex Sloi con l'acqua inquinata, residenti in allarme

I residenti sono in allarme

di Domenico Sartori

Come sia possibile coltivare ortaggi a pochi metri dal confine della ex Sloi, per di più utilizzando l'acqua della falda pescata da un pozzo improvvisato, i cittadini della zona se lo stanno chiedendo da alcuni giorni. Chi abita lungo via Martiri delle Foibe lo chiama l'«orto dei cinesi». Ci si arriva direttamente passando dal boschetto lungo via Maccani, o più agevolmente percorrendo la traccia di sentiero che parte dalla vecchia cabina dell'Enel, da via Martiri delle Foibe. È il sentiero percorso da quella umanità varia, in particolare persone di nazionalità rumena, prive di lavoro e reddito e che campano di elemosina, le quali hanno ricavato baracche di fortuna a ridosso dell'ex Sloi. Non sono loro, però, i novelli orticoltori.

«Gli orti sono sorti all'improvviso, lavorati da alcuni cinesi» racconta Domenico Gullà , che ieri mattina ha segnalato tutto, con tanto di foto, agli uffici della Circoscrizione Centro Storico-Piedicastello, di cui è stato consigliere nella scorsa consigliatura «sabato ho anche allertato una vigilessa del Comune. Non ci eravamo però accorti del pozzo, guardando da distante». Di giorno non si vede nessuno, però la sera spuntano persone che armeggiano su questo fazzoletto di terra, un centinaio di metri quadri, che confina con il vasto lotto della Elma spa, la società degli imprenditori Podini, appena a valle della ex Sloi. Il muro di confine con il lotto dell'ex fabbrica di piombo tetraetile è a nemmeno cinquantra metri. Gli orti sono delimitati verso sud ed est da una recinzione in plastica. «L'intera spianata a valle della ex Sloi era un tempo coltivata, orti e frutteto, poi abbandonati dopo l'incendio della fabbrica nel luglio 1978» ricordano i coniugi Condini che vivono in una delle palazzine di via Martiri delle Foibe.

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Per innaffiare gli orti serve acqua, che c'è solo sotto terra. Il pozzo scavato ha una profondità superiore ai tre metri, protetto verso l'orto da alcuni rami a mo' di recinzione. Vi si accede attraverso alcuni scalini che permettono di raccogliere l'acqua poi conservata in alcuni contenitori di plastica in superficie. Un altro pozzo è in corso di realizzazione a pochi metri di distanza. «Quello è veleno. Forse non sanno neanche il rischio che corrono usando quell'acqua per far crescere la verdura» dicono i residenti. A valle, all'imbocco della via, c'è un orto recintato. «Lo lavora un pensionato che abita in zona» spiega Domenico Gullà «anche lui, a suo tempo, voleva realizzare un pozzo. Ma non ottenne l'autorizzazione, visto che la zona è inquinata».

L'intera rete delle rogge a valle delle aree inquinate sarà bonificata. A breve ci sarà l'appalto del primo lotto (11.9 milioni euro) per il recupero della rogge «Primaria di Campotrentino» e «Lavisotto». Soldi pubblici. Per il disinquinamento delle aree private, è tutta un'altra storia: tempi «remotissimi», come pure in Comune ammettono.

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