Frontiere chiuse: dai vertici Ue appello all'Austria Vienna intanto cerca alleanze balcaniche pro barriere

di Zenone Sovilla

Gli appelli politici, l’attività diplomatica e la mobilitazione sociale non hanno ottenuto alcun risultato nei riguardi dell’Austria e della sua decisione di sospendere la libera circolazione anche al Brennero, introducendo controlli serrati in funzione anti-migranti (compresa l’ipotesi di erigere una barriera come già fatto al confine sloveno, presso Spielfeld). Anzi.

La linea austriaca, alla stregua di quelle di altri Paesi (come l’Ungheria e varie nazioni dell’Est), ha già raccolto il biasimo delle istituzioni europee nonché di vari governi occidentali.

Oggi è stato il presidente della commissione Ue, Jean Claude Juncker, a confermare che siamo di fronte a una crisi nelle relazioni fra il nucleo storico della Ue e i membri più recenti, compresa l’Austria, che aderì all’Unione soltanto nel 1995, dopo i trent’anni di forzata «neutralità» seguiti al primo decennio del dopoguerra in cui il Paese fu zona occupata dagli Alleati per via del suo «collateralismo» con il nazismo (fra l'altro erano tirolesi i vertici dell’Alpenvorland, l’area amministrativa istituita da Hitler dopo l’8 settembre 1943 comprendente Bolzano, Trento e Belluno).

«Ammetto che c’è un contenzioso aperto con l’Austria: si tratta di un Paese che amo che ha fatto grandi sforzi. Non c’è alcuna azione concertata contro Vienna. Sono fiducioso che troveremo una soluzione», ha però precisato Juncker, parlando alla Plenaria di Bruxelles, nel tentativo di infondere ottimismo in un momento particolarmente delicato del cammino europeo.

Per parte sua, l’Italia si interroga sulle possibili ripercussioni concrete in termini di accoglienza di profughi, costretti a fermarsi nel loro viaggio della speranza verso la Germania e il resto del Nord.
Ciò, di là dalle questioni simboliche del confine aperto, dei risvolti economici e delle implicazioni del caso Brennero nella vicenda sudtirolese.

Proprio sulla questione accoglienza, il governo italiano due giorni fa ha fornito rassicurazioni ai governatori di Trentino e Sudtirolo circa il varo di un piano per distribuire i profughi in diverse regioni italiane.

Sullo sfondo resta forte anche il registro polemico fra l’Italia e Paesi come appunto l’Austria che oggi reagiscono con spietate misure unilaterali, mentre per decenni hanno contribuito al disinteresse generale verso la tragica emergenza quotidiana degli sbarchi a Lampedusa e dintorni.

Rimane peraltro sul tappeto anche l’ipotesi di creazione di un hotspot, un grande centro di prima accoglienza, identificazione e smistamento/rimpatrio, nel nordest dell’Italia, la cui localizzazione era stata inizialmente ipotizzata non troppo lontano dal Brennero ma ora la questione non sembra chiara (dovrebbe essere definita entro marzo, secondo gli annunci del governo).

ll sottosegretario con delega all'immigrazione, Domenico Manzione, definendo «scellerata» la condotta austriaca sulla gestione dei confini, spiega che il Brennero rischia di diventare imbuto di un esodo epocale. E aggiunge che il quadro potrebbe costringere l'Italia ad aprire un quinto hotspot, oltrei ai quattro previsti, nella zona del Brennero, «per effetto della crisi alla frontiera con l'Austria». 

Quanto all'evoluzione generale delle rotte dei profughi, stante uno scenario tragico in Siria, l'esponente del governo rilancia ciò che chi osservava la realtà sul campo, con la progressiva costruzione di barriere anti-migranti nei vari paesi, ripete già dall'estate scorsa dopo le prime, contestate mosse di chiusura in Ungheria: «È concreto il rischio di avere alla nostra frontiera del nord est una Lampedusa del Nord, ultimo approdo della disperazione che non arriva dal Mediterraneo».

Vienna frattanto insiste. «Ogni nazione dovrà controllare e proteggere le sue frontiere», ha detto il ministro dell’interno Johanna Mikl-Leitner, oggi in conferenza stampa, illustrando alcune delle misure su cui si sono accordati i nove Paesi che hanno partecipato a un summit sui Balcani.

Provvedimenti che servono a «garantire sicurezza e stabilità nei rispettivi paesi», aggiunge Mikl-Leitner sottolineando che bisogna fare «pressione» sull’Ue per una soluzione e sui Balcani, perché i vari Paesi restino compatti.

Inoltre, il ministro ha annunciato a partire da aprile l’apertura di un centro operativo, a Vienna, per contrastare i trafficanti di migranti.

«Vienna sigla coi Balcani un patto anti-Merkel!», commenta in questi minuti la Bild on line, a proposito della conferenza dei Balcani, che si è tenuta oggi a Vienna, dove Germania, Grecia e Ue non sono state invitate.

Secondo il tabloid tedesco, e la lettura è condivisa da diverse emittenti tv che hanno trasmesso in diretta la conferenza stampa dei due ministri austriaci, degli esteri e dell’interno, Vienna sta fondando una alleanza contro il governo di Berlino.

Lo scenario geopolitico e diplomatico, insomma, sembra inasprirsi ulteriormente e gli esiti paiono sempre più incerti.

Delle conseguenze sul trasporto di merci oggi si è parlato, sempre a Bruxelles, nel summit tra i trasportatori di merci lvh.apa e i rappresentanti della commissione europea.

«Code, tempi d’attesa elevati, ulteriore burocrazia o lo spostamento delle consegne Just-in-time in magazzini decisamente più costosi rischiano seriamente di costringere gli operatori economici del nostro settore a sostenere spese più elevate», commenta con preoccupazione il presidente dei Trasportatori di merci di lvh.apa Elmar Morandell.

E da oggi è attivo l’articolo 19A del Codice Schengen, la terza fase di quattro, nella procedura per poter lanciare l’articolo 26, quello che permette i controlli alle frontiere interne di uno o più Paesi fino ad un massimo di due anni.

Col 19A la Commissione Ue invia una serie di raccomandazioni attuative alla Grecia, complementari a quelle già adottate dal consiglio europeo il 12 febbraio, per far fronte alle gravi carenze riscontrate nella gestione delle frontiere esterne, di fronte al massiccio flusso di migranti.

Atene avrà tempo fino a metà maggio per mettersi in regola. Se alla scadenza il Paese ellenico non sarà stato in grado di sanare i buchi alle sue frontiere, potrà essere lanciato l’articolo 26.

Una possibilità a cui vorrebbero ricorrere Paesi come Austria e Germania, che a metà maggio avranno esaurito il tempo previsto dagli articoli ordinari del Codice Schengen per effettuare i controlli ai loro confini. Per parte sua, Atene ha bisogno di aiuti per affrontare l'emergenza, che fra l'altro vede morire continuamente adulti e bambini nel mar Egeo (nel complesso, un terzo dei migranti sono minori).

Pochi giorni fa a rilanciare l'allarme sui bimbi vittime delle guerre o delle fughe dai conflitti era stata l'Unicef: «Il mondo si accorge della Siria solo ora, noi no. La situazione in molte zone e città è a dir poco drammatica. Nella zona di Aleppo si stima ci siano 2,8 milioni di persone che hanno urgente bisogno di aiuto e dal 16 gennaio è stata tagliata la fornitura d’acqua. Ci sono inoltre 50 mila persone sfollate dal 31 gennaio a causa del conflitto. Fatto ancor più grave è che l’80% di queste sono bambini e donne innocenti che hanno bisogno di tutto», ha denunciato Andrea Iacomini, portavoce di Unicef Italia.

«Nella zona est della città di Aleppo, ci riferiscono le fonti dell’Unicef, su 300 mila persone ci sono circa 129 mila bambini che rischiano di essere tagliati completamente fuori da sistemi di aiuti e rifornimento: tutto ciò è straziante, non è umano. Per non parlare delle condizioni in cui versano gli sfollati a nord di Aleppo oppure nella zona di Deraa, dove ci sono oltre 600 mila persone in gravi difficoltà e oltre 70 mila sfollati.

Si parla - ha aggiunto Iacomini - di abusi, violenze e crimini di ogni tipo in Siria, perpetrati ogni giorno ai danni di una popolazione inerme e innocente. Come Unicef stiamo cercando di fornire assistenza in molte delle zone critiche del Paese, di proteggere i bambini e fornire assistenza necessaria ma l’escalation di queste ore non lascia presagire nulla di buono e 16 città continuano ad essere sotto assedio. Non c’è pace».

comments powered by Disqus