Piano trilinguismo, ecco cosa cambierà La Provincia «vuole» le lingue straniere

di Domenico Sartori

Voluto, fortissimamente voluto dalla Provincia (la Giunta Rossi ne ha fatto un cardine del programma di legislatura), quanto contestato da chi, senza disconoscere l'importanza dell'apprendimento dell'inglese e del tedesco, lo ritiene mal congegnato e frettoloso, quindi carico di conseguenze negative sul piano didattico-organizzativo, il «Piano Trentino Trilingue» sta prendendo corpo e ogni scuola trentina sta facendo i conti con la formazione dei docenti e la scelta delle materie da «veicolare» con il Clil (Content and language integrated learning), metodo che il documento «La buona scuola» del Governo Renzi intende estendere progressivamente (dal quinto anno nei licei e negli istituti tecnici), anche alla scuola primaria e alla scuola secondaria di primo grado, e che in Trentino è da anni oggetto di sperimentazione in molte scuole.

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Aumentare l'esposizione.
L'idea di fondo è «aumentare l'esposizione alle lingue straniere in maniera sistematica ed uniforme» già dalle scuole dell'infanzia, puntando sulla metodologia Clil, con cui una materia viene insegnata in lingua straniera, in affiancamento all'insegnamento curriculare delle lingue, dalla scuole primarie, cioè dalle elementari. Dunque, il «Ptt», il «Progetto Trentino Trilingue», si prepara al decollo di settembre, all'avvio dell'anno scolastico 2015-'16. Il primo passo, nei giorni scorsi, è stato la individuazione dei due esperti (per l'inglese Patrizia Calanchini Monti di Bologna, per il tedesco il dottor Walter Cristoforetti di Salorno) incaricati di predisporre le prove scritte del concorso pubblico per la copertura di 100 posti a tempo indeterminato ed eventuali assunzioni a tempo determinato nella scuola primaria. Per il progetto pluriennale, la Provincia ha messo sul tavolo 36 milioni di finanziamento, 20 dei quali per la formazione degli insegnanti.


La situazione di partenza.
La Provincia ha fissato, scuola per scuola, degli obiettivi per il primo anno, 2015-'16, e una seconda griglia di obiettivi finali, da raggiungere nel 2019-'20. La «fotografia» attuale è la seguente. Nidi d'infanzia : nessuna esperienza attiva nei 90 nidi finanziati dalla Provincia, una sola sperimentazione in un nido aziendale. Scuole dell'infanzia : vengono svolte attività in tedesco e inglese in 132 scuole (58 provinciali e 74 equiparate) su 276, con tempi di esposizione non omogenei; coinvolti 153 insegnanti (su 1.430) con certificazione B1. Scuole elementari : nei 218 plessi di scuola primaria dei 55 Istituti comprensivi provinciali, in cinque anni un bambino riceve 500 ore di inglese e tedesco all'anno; in 35 istituti, cioè in 450 classi su 1.449, sono state attivate esperienze Clil (da 1 a 7 ore a settimana). Scuola media : nella secondaria di primo grado (76 plessi), nei tre anni vengono offerte 198 ore di inglese e tedesco all'anno e in 30 istituti (267 classi su 715) si è sperimentato il Clil (1-7 ore a settimana). Scuola superiore : nei 29 Istituti superiori (977 classi), tedesco o inglese sono obbligatori nel biennio, l'inglese è obbligatorio nel triennio e il tedesco solo in alcuni casi. Il Clil è obbligatorio al 5° anno per il 50% delle ore di una disciplina (almeno 30 ore nell'anno scolastico). Istruzione e formazione professionale : oggi non è previsto obbligo per il Clil e nei 10 istituti professionali trentini (24 sedi per 325 classi) tedesco e inglese sono obbligatori nel biennio, nel terzo e quarto anno c'è l'obbligo di una sola lingua, in genere l'inglese.


Gli obiettivi da settembre e a regime.
Per il 2015-'16, nei nidi d'infanzia la Provincia intende «creare le condizioni», con la immissione in formazione del personale educativo, per attivare attività plurilingui nei 90 nidi dal 2019-'20. Nelle scuole dell'infanzia, l'obiettivo è arrivare a 182 scuole con attività di lingua dal prossimo settembre, coinvolgendole tutte (276) a regime. Da settembre, serve dunque incrementare il numero di insegnanti certificati almeno B1 e «stabilizzare» i tempi di esposizione linguistica a 4 ore settimanali. A regime, l'obiettivo è coprire in toto l'offerta per 17 mila bambini delle «materne», con l'incremento progressivo dei livelli di competenza dal B1 al B2.
Per la scuola primaria, con il 2015-'16 si vuole mantenere e potenziare le esperienze esistenti, introducendo in tutte le classi terze, da 3 a 5 ore, la metodologia Clil, per arrivare, a regime, a 3 ore Clil in classe prima, 3 in seconda, 5 ore in terza, quarta e quinta. Per la scuola media , da settembre, l'obiettivo è potenziare e introdurre moduli in lingua, di sperimentazione Clil e di «altre progettualità di approfondimento linguistico». Per il 2019-'20, nella secondaria di primo grado si prevedono 3 ore Clil a settimana per ciascuno dei tre anni di scuola.
Per gli istituti superiori, da settembre l'obiettivo è il mantenimento dell'esistente, con la previsione di una materia in modalità Clil al 50% del monte ore annuale in ogni classe quinta. A regime, invece, in tutte le classi, il 50% di una disciplina (fino a 60 ore all'anno) dovrà essere insegnato in modalità Clil, rafforzando «la seconda lingua anche con attività modulari nel triennio». Per l'istruzione e la formazione professionale , dal prossimo anno sarà obbligatorio il Clil nel corso annuale per l'esame di Stato ed è previsto l'avvio di nuove esperienze Clil nel triennio e nel quarto anno. A regime, il Clil sarà obbligatorio per il 50% di una disciplina non linguistica, «principalmente nelle discipline tecnico-pratiche, nel biennio, nel terzo anno di qualifica, nel quarto anno di diploma, nell'anno per l'esame di Stato».

LA PROTESTA

Dubbi. Timori. Forte contrarietà. Non sul fatto che il Trentino scolastico investa nella conoscenza delle lingue. Dubbi sul «come» la Provincia abbia impostato («imposto») il «Piano Trentino Trilingue» che, a tappeto, il presidente Ugo Rossi sta presentando in ogni angolo del territorio. Dubbi che il «Comitato Genitori» ha raccolto in una petizione (in calce 1.280 firme) consegnata nei giorni scorsi al presidente del Consiglio provinciale, Bruno Dorigatti . Il «Comitato Genitori», rappresentato da Morena Zanella , ha per altro annunciato un esposto alla Corte dei Conti, in considerazione della cifra stanziata per il progetto: «36 milioni, una spesa notevole, ma le priorità per la scuola sono altre, oggi che negli istituti comprensivi non ci sono nemmeno i soldi per le fotocopie».


Il «Comitato Genitori» chiede di «fermare il progetto trilinguismo trentino per rivederlo nelle sue molteplici criticità e riformularlo anche con "chi lo farà": insegnanti e genitori». Quali criticità? Il fatto che il progetto «va a sconvolgere l'assetto del nostro sistema scolastico dal punto di vista pedagogico, organizzativo e professionale». Il fatto, poi, che «è scandaloso e vergognoso che non siano state organizzate delle riunioni nei rispettivi istituti comprensivi, vista la grande trasformazione in atto». Nel merito: «Questo progetto porterà ad un aumento considerevole delle ore di insegnamento impartito sulle discipline scolastiche (scienze, geografia, matematica... a scelta della scuola), attraverso il metodo Clil fin dalla prima elementare». Ma per il «Comitato Genitori» lo stesso Clil presenta delle criticità, tanto che Paesi come la Finlandia e la Germania, che lo sperimentano dagli anni ?90, «hanno fatto passi indietro» e fissato i requisiti richiesti perché il Clil funzioni: «adeguate capacità linguistiche degli alunni; numero consistente di lezioni (la metà delle lezioni complessive); precedenti esperienze dei docenti nell'insegnamento Clil; discreta disponibilità di materiale adatto al Clil (per preparare un'ora di lezione ci vogliono almeno 3-4 ore di lavoro)». Per questo si prefigura che «il progetto sarà un grosso buco nell'acqua con relative ricadute sui nostri figli». La petizione ricorda poi che i bambini, alle elementari, sono impegnati «soprattutto nell'acquisizione di abilità fondamentali per la vita come la scrittura, la lettura della propria lingua, la comprensione di un testo», che il passaggio dalla scuola elementare già comporta un grosso cambiamento nella vita di un bambino, che le priorità sono differenti, che, inoltre, nel progetto «non c'è alcun riferimento e indicazione verso i bambini-ragazzi aventi bisogni educativi speciali». Il rischio? «Sottovalutare l'importanza della conoscenza fondante dell'italiano e di proprinare ai nostri figli un insegnamento delle lingue straniere "fai da te"».


Quanto ai docenti, il «Comitato Genitori» chiede «come sarà possibile garantire un insegnamento adeguato e all'altezza della mission del progetto, se gli insegnanti "scelti" dai dirigenti scolastici per l'aggiornamento (e anche qui ci sarebbe molto da dire), sono per la maggior parte non laureati in lingue straniere, senza certificazione attestanti il loro livello di conoscenza della lingua dichiarata e alcuni addirittura senza la dovuta "abilitazione all'insegnamento"». «Perché invece non dare la possibilità di scelta, istituendo nella scuola alcune sezioni in Clil e altre "normali"?». Conclusione: «Scelta poco ragionevole, non attenta ai bisogni reali della scuola, né lungimirante e tanto meno innovativa, ma esclusivamente di tipo politico».

L'ESPERIENZA

«Teoricamente, il progetto trilinguismo è validissimo. In pratica, stiamo facendo i conti con il turn-over e la qualità degli insegnanti». Paola Pasqualin è dirigente dell'Istituto Trento 6. Istituto di grandi dimensioni: sei scuole elementari (i plessi di Sardagna, Vela, Cadine, Sopramonte e Schmid e Bellesini a Cristo Re) e la scuola media Manzoni. La professoressa Pasqualin è al terzo anno di direzione dell'Istituto. Osserva: «Il Trentino ha già investito tantissimo sulle lingue: nella primaria (elementari, ndr), ci sono 500 ore nei cinque anni, per le due lingue, a livello nazionale sono forse la metà. E nelle sperimentazioni attuate la Provincia ha dato un bel monte ore di compresenze, per cui per il Clil c'erano quasi sempre due insegnanti. A regime, però, questo non ci sarà più».

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Professoressa Pasqualin, da quale situazione parte il suo Istituto?
«Alle Schmid chiudiamo il ciclo del Clil in quinta. Vuol dire che siamo partiti cinque anni fa in prima. A Sopramonte, siamo al secondo giro. A Sardagna, dove ci sono le pluriclassi, non è ancora partito. Alle medie Manzoni, l'abbiamo introdotto in classe prima, per garantire continuità al progetto».
Quali materie sono «veicolate» e con quante ore di insegnamento?
«Prevalentemente, le educazioni: musica, arte e motoria. In alcuni casi anche tecnologia.... Per le ore, dipende: in una scuola, ci sono 4 ore di Clil più le 4 di lingua (2 di inglese e 2 di tedesco) alla settimana, in prima di meno, in quinta di più. Nella sperimentazione attivata dal 2014 alle medie, si fanno tre ore, di geografia e scienze. In questo caso, come previsto, con l'insegnante di disciplina, dotato di competenze linguistiche certificate».
Con quali docenti?
«Fino ad ora, con insegnanti fuori graduatoria. È difficilissimo trovare personale con abilitazione in scienze della formazione e certificazione linguistica, almeno B2... Molte scuole hanno difficoltà nel reperirlo».
Diciamo che «va a ruba»?
«In un certo senso, sì. Speriamo nel concorso avviato dalla Provincia».
Quali sono i risultati della vostra sperimentazione? E chi valuta l'apprendimento?
«Dall'anno scorso, abbiamo introdotto prove di lingua comuni nelle diverse scuole, che gli insegnanti propongono e poi confrontano...».
Qual è l'esito?
«È molto legato alla qualità dell'insegnante: se è bravo e c'è continuità, il risultato c'è. Se ho un alto turn-over, con personale precario, chiaro che è più difficile ottenere buoni risultati. Come per tutte le discipline, la valutazione dev'essere sulla qualità».
In concreto?
«Valutare se c'è un risultato per cui è valsa la pena investire risorse, è fondamentale. Servirebbe una valutazione esterna, terza, come con le prove Invalsi per la matematica e l'Italiano. Il progetto trilinguismo, per ora, fa riferimento ai diversi livelli di certificazione da raggiungere lungo il percorso scolastico. Soprattutto, è fondamentale la formazione degli insegnanti alla metodologia Clil, che è altra cosa dall'insegnamento tradizionale, frontale».
Come vi siete organizzati?
«C'è un docente di ruolo, per le primarie, che è referente per il Clil. Per le insegnanti precarie conto sul concorso e la stabilizzazione».
Nelle indicazioni provinciali, si dedicano due righe due agli studenti Bes (bisogni educativi speciali), Dsa (disturbi specifici di apprendimento) e stranieri. Voi cosa state facendo in proposito?
«C'è chi dice che gli stranieri sono favoriti. Sarà così se uno è figlio di un ricercatore, ma se uno è figlio di una coppia che a casa parla solo in arabo? Laddove ci sono situazioni problematiche, noi utilizziamo i margini garantiti dalla compresenza. Su 5 ore di Clil, la Provincia mi dà altre 2 ore con un altro insegnante: lo utilizzo per affrontare queste situazioni. Se ci tolgono le compresenze, sarà un problema serio. Alla Schmid, con il 25% stranieri, più 1-2 certificazioni con handicap e un "Dsa" per classe, anche se uno è un mostro di insegnante, da solo non ce la fa».
Dunque, il «Piano Trilinguismo» è fattibile?
«Sì, il suo punto di forza è che è democratico, si rivolge a tutti, senza selezione in entrata, come viene fatto nelle scuole bilingui: noi alle Schmid non possiamo fare come alle Sanzio. Possiamo dire che la sperimentazione ha funzionato: a Sopramonte e alle Schmid, con 3 ore in prima e seconda e 5 ore in terza, quarta e quinta, siamo già a regime. Ma in generale serve creare le condizioni per realizzare il piano, perché si parte da punti diversi. Da don Milani sono passati decenni. Ma ancora oggi, è deprimente dirlo, la differenza la fa il contesto socio-ambientale di partenza».
Tra gli elementi più problematici?
«Quello del tempo scuola alla primaria: stiamo mettendo tutto nel contenitore delle 26 ore obbligatorie (più le quattro opzionali su cui i genitori decidono anno per anno), anche il Clil. Il rischio è quello di "secondarizzare" la scuola elementare, come le medie e le superiori. Ma un bambino tra i 6 e i 10 anni ha bisogno di poche figure di riferimento e 26 ore sono poche. Al bambino serve, tornando a don Milani, un tempo più disteso».

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