Postine precarie vincono causa iniziata ben 12 anni fa

di Patrizia Todesco

Una battaglia durata 12 anni che si è conclusa con quattro postine precarie che si vedono ora assicurato il loro posto di lavoro, l'anzianità di servizio e i soldi che la società aveva già dovuto versare a titolo di risarcimento dopo la prima sentenza del 2005 (una media di 27 mila euro a testa). Nei giorni scorsi, infatti, la Corte di Cassazione si è pronunciata dando ragione alle quattro postine difese dall'avvocato Barbara Balsamo e ha condannato Poste Italiane al pagamento delle spese di giudizio.


La vicenda era iniziata già nel 2003 quando un gruppo di una trentina di persone si era rivolto al giudice del lavoro di Trento per chiedere che venisse dichiarato nullo il contratto a tempo determinato. Le direttive comunitarie prevedevano infatti che questi contratti a termini non potevano essere superiori al 5% di tutti i contratti a tempo inderminato e, soprattutto, non potevano essere prorogati per troppo tempo. Intorno al 2000, invece, i contratti trimestrali o semestrali venivano erogati con una certa facilità. Troppa, visti i risultati. Le quattro postine in questione, nel 2005, avevano vinto in primo grado ottenendo sia di essere reintegrate a tempo indeterminato nell'organico aziendale, sia di avere un risarcimento del danno per il tempo non lavorato dall'inizio del primo contratto a tempo determinato e fino al 2005. In totale le quattro avevano ottenuto quasi 110 mila euro, una media di 27 mila euro a testa.


La cosa non era però finita lì perché le Poste avevano subito posto appello a questa sentenza ritenendo di avere ragione. Anche in questo caso il giudice aveva confermato la sentenza e le Poste avevano deciso di andare fino in Cassazione. Dodici anni con la spada di Damocle sopra la testa con timore di essere licenziati o di dover restituire il denaro. In realtà più volte, in questi anni, le Poste avevano cercato un accordo con i vari sindacati chiedendo ai lavoratori di rinunciare ai risarcimenti e a un po' di anzianità. In cambio l'azienda avrebbe rinunciato ai vari ricorsi. In molti avevano accettato chiudendo la questione. Le quattro postine, come altri lavoratori, avevano però deciso di tenere duro certe di avere ragione e vista la pronuncia della Corte di Cassazione hanno avuto ragione.


Ora possono finalmente dire di avere un posto fisso a tempo indeterminato e già dai prossimi giorni potranno forse ambire ad avere una zona fissa, obiettivo fino ad ora mai raggiunto in quanto considerate ancora precarie. Una soddisfazione anche per il segretario regionale della Faip-Cisal Marcello Caravello che ha sostenuto in questi anni le iscritte al sindacato: «Abbiamo reso giustizia a quella parte di lavoratori che vivono da precari e che sono stati abbandonati dai sindacati Confederali e dal Governo». Alla sentenza pronunciata nei giorni scorsi dalla corte di Cassazione ne seguiranno probabilmente altre visto che sono numerosi i lavoratori che hanno effettuato lo stesso percorso giudiziario e che sono in attesa dell'ultimo grado di giudizio per tirare finalmente un sospiro di sollievo.


I numeri delle persone che in tutta Italia, intorno al 2005, hanno presentato ricorso contro Poste Italiane sono enormi. Si parla di oltre 50 mila soggetti.

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