Badanti, attivato il nuovo registro. Ecco tre storie trentine

di Fabia Sartori

Lunedì scorso è stato attivato il Registro provinciale delle assistenti familiari, il quale si pone l'obiettivo di censire il numero di badanti operative in Trentino. Oggi risultano essere 5.590 quelle assunte con contratto di colf o badante di queste 4.568 sono d'origine straniera. Nasce, quindi, il primo strumento destinato ad assicurare uno standard minimo di qualità e professionalità alle lavoratrici iscritte.

Un aspetto fondamentale per le famiglie nell'ambito della «scelta» della badante da affiancare al proprio «caro» non autosufficiente. La novità si concretizza come una sorta di certificazione per migliaia di donne che hanno deciso di intraprendere una professione molto articolata in termini di competenze: dalla cura dell'ambiente domestico alla pulizia della persona, dal pagamento delle bollette all'acquisto della spesa, dalla somministrazione di medicinali alle relazioni con il paziente e la famiglia.
Alina, Alice e Liliana hanno origini rumene. Diverse età e caratteri, stati familiari ed affettivi, differenti vissuti e trascorsi di vita. Un unico destino comune, quello di essere arrivate in Italia per migliorare le proprie condizioni di vita ed essersi appassionate al «badantato». Che va ben oltre la professione: diventa una sorta di missione nei confronti degli assistiti, con cui spesso s'instaura un legame affettivo molto profondo. «Questo lavoro richiede di entrare completamente nel mondo dell'anziano che seguiamo: nella maggioranza dei casi viviamo a contatto con lui o lei per molte ore al giorno, spesso anche di notte - spiegano - E loro, in breve, ci identificano come figlie o componenti aggiuntivi della famiglia. Soprattutto nei casi, e sono molti, in cui siano affetti da demenza senile o malattia di Alzheimer».

«La donna che seguo dice sempre che sono il suo "angelo custode" - racconta Alina, ventiduenne -. Nonostante la malattia che avanza, il nostro compito è infondere speranza e qualche momento di gioia anche attraverso qualche canto o barzellette se ci sono richieste». In soli quattro anni di permanenza in Italia (è arrivata il 9 dicembre del 2010), Alina ha imparato la nostra lingua e la cucina trentina, qualche barzelletta e persino alcune canzoni della tradizione. «Ho subito intrapreso la professione di badante: prima per due anni ad Ancona ed ora da due anni a Trento - afferma - . All'età di 18 anni ho deciso di trasferirmi nel vostro Paese per trovare autonomia, aiutando me stessa e la mia famiglia. Non mi aspettavo di ricevere tanto da parte degli anziani. Al mio primo impiego conoscevo pochissimo l'italiano ed anche la cucina non era il mio forte: con pazienza la famiglia per cui lavoravo mi ha aiutata a migliorare in entrambi i campi».

Poi prosegue: «Con il mio ultimo assistito, ex professore di fisica, abbiamo letto la "Tesi della relatività" di Einstein: per me era la prima lettura in italiano - racconta Alice, trentacinquenne - Finché ho prestato servizio lì, lui e sua moglie mi ringraziavano ogni giorno». Anche per i manicaretti, compresi gli spaghetti allo scoglio. Ma in piccole porzioni perché si tratta di persone anziane. «In Romania avevo iniziato a studiare alla Facoltà di psicologia ma i soldi non bastavano: sono in Italia dal 13 luglio 2005 - racconta - Ho lavorato per molti anni nel campo alberghiero, frequentando molti corsi all'Accademia d'impresa. Ma la soddisfazione che ti porta nel cuore un sorriso di un anziano è tutt'altra cosa. Sono sempre stata in Trentino e nel 2006 mi hanno raggiunta io marito e mio figlio».

A raccontare delle difficoltà psicologiche che comporta il distacco per morte è la cinquantenne Liliana, con esperienza di badante da dieci anni. «Proprio qui in Trentino ho vissuto la toccante esperienza di "perdere" un assistito - dice - Per noi diventano come parenti, dei nonni o genitori: la morte è difficile da gestire dal punto di vista psicologico». Liliana è arrivata in Italia il 23 ottobre del 2006: inizialmente in Abruzzo e poi in Trentino. Ora, i suoi figli vivono in Romania e frequentemente torna in patria per passare del tempo con loro. La difficoltà maggiore? «Soprattutto all'inizio di una nuova esperienza di badantato non è facile interagire con i parenti degli assistiti - spiega Alice - Capita che i figli non abbiano fiducia in noi e non è certo semplice entrare nei meccanismi familiari. Ma nella maggior parte dei casi tutto si risolve in pochi mesi». E forse il Registro provinciale delle assistenti familiari aiuterà a semplificare i rapporti di fiducia reciproca grazie alla qualificazione delle badanti. «Recentemente anche il nostro consolato in Italia si è attivato con degli iter formativi: a gennaio si è svolto il primo corso per badanti - dichiara Alice - strutturato su 40 ore con la docenza di dottori e fisioterapisti, operatori Oss e infermieri». Ai fini dei requisiti d'accesso al registro, quindi, per chi non avesse svolto nell'ultimo triennio un'attività lavorativa documentabile nel campo dell'assistenza familiare di almeno 480 ore con relativi versamenti fiscali basteranno 20 ore integrative di corso di formazione.

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