Imic, contadini contro la nuova tassa unica

Come una grandinata inattesa. L'Imic, l'Imposta immobiliare comunale (che unifica Imup e Tasi), per gli agricoltori trentini, è arrivata come una tempesta che il meteo politico aveva «bucato».

Fino ad ora, si erano salvati. Quando negli anni Novanta fu introdotta l'Ici, la prima mossa politica, con convocazione urgente del Consiglio provinciale (luglio 1993), fu trasformare l'intero Trentino in zona di montagna, derogando alla quota di 600 metri. E i contadini ringraziarano.


Quando, la scorsa primavera, fu concordata tra Provincia e Comuni l'applicazione della Tasi (all'1 per mille), subito dopo, in fase di assestamento di bilancio per il 2014, il consigliere Mario Tonina fece fece passare un emendamento che garantiva però la detrazione di 300 euro agli immobili agricoli. Così, a parte le grosse strutture (cantine, magazzini e caseificio), la stragrande maggioraza dei contadini evitò la Tasi.


Ora, tutto cambia. Nel Protocollo d'intesa per la finanzia locale 2015, oggetto di trattativa in questi giorni, è prevista l'abrogazione della esenzione sui beni strumentali (categoria D10) all'attività agricola. E la preoccupazione è palpabile. Ieri, in una riunione del Comitato agricolo della Federazione della cooperazione, è stata comunicata direttamente all'assessore all'agricoltura  Michele Dallapiccola .

Spiega Luca Rigotti, vicepresidente della Federazione e numero uno del Gruppo MezzaCorona: «Certo che siamo preoccupati. Gli agricoltori sono perfettamente consapevoli del momento, ed è giusto che, in una situazione di crisi, ciascuno sia chiamato a fare la propria parte. Come è sempre stato: ricordo che pochi anni fa, le cooperative hanno rinunciato a milioni di euro di rimborsi Ici per non creare difficoltà ai Comuni...».


Questa volta è certo che una imposta, finora evitata, però ci sarà. «Ma vorremmo capirne il livello, i termini concreti, che cosa e come la si applica». Sarebbe a suo avviso utile una imposta differenziata, caricata di più sugli e meno sugli altri, ad esempio meno sulla zootecnia che svolge un ruolo di presidio del territorio? «Stiamo però attenti» risponde Rigotti «a non mettere in difficoltà gli altri settori. Gli immobili delle cooperative, che sono enormi, alla fin fine, sono patrimonio della comunità, e portano lavoro. Non si metta in difficoltà un settore che fatica a tenere le posizioni».

 

Ivo Zucal, presidente del Concast Trentingrana, invece, la necessità di differenziare l'imposta la condivide: «Un conto è un frutticoltore che ha un magazzino di 20 metri quadri, un altro un allevatore con stalla e fienile, cioè volumi enormi. Per altro, la zootecnia è già in difficoltà per la situazione generale».

Allevamento bocino
Michele Dallapiccola, l'assessore, che garanzie ha dato agli agricoltori? «Mi è stato segnalato un disagio evidente. La preoccupazione è tanta e la richiesta è che la nuova tassa sia evitata».

E lei è d'accordo? «Ci mancherebbe, sono assessore all'agricoltura. Ma nello stesso tempo non posso non farmi carico dei problemi che sta affrontando il collega Daldoss, in una dimensione collettiva di responsabilità. In ogni caso, non c'è ancora nulla di deciso».

Assessore, non è forse il caso di differenziare davvero? Un conto è la piccola stalla in alta montagna, un conto chi possiede 5 ettari di vigneto nel fondovalle. C'è una situazione di reddito oggettivamente diversa...

«Sì. La discussione è aperta tra mantenere l'esenzione, azzerare, oppure modulare. E come, se sulla base dell'altitudine o delle tipologie agricole».

comments powered by Disqus