Il caso: bimbo autistico senza assegno di cura

«Perché un bambino di 8 anni affetto da autismo non può ricevere un assegno di cura dal Servizio sanitario? Solo perché i genitori sono residenti nella Provincia autonoma da meno di 3 anni? Ma per la Costituzione italiana i cittadini non hanno pari dignità e pari diritto alla salute? O ci sono cittadini, e bambini, che possono essere penalizzati rispetto ad altri?». Se lo chiedono Daniela Vassallo e Tommaso Saccardo

di Stefano Ischia

pat provinciaRIVA - «Perché un bambino di 8 anni affetto da autismo non può ricevere un assegno di cura dal Servizio sanitario? Solo perché i genitori sono residenti nella Provincia autonoma da meno di 3 anni? Ma per la Costituzione italiana i cittadini non hanno pari dignità e pari diritto alla salute? O ci sono cittadini, e bambini, che possono essere penalizzati rispetto ad altri?».
Se lo chiedono Daniela Vassallo e Tommaso Saccardo, residenti dal 3 luglio 2012 in via San Francesco a Riva del Garda, e che da più di un anno cercano di ritrovare attorno al proprio figlio le stesse condizioni e opportunità di salute e la stessa rete sanitaria che avevano in Campania, regione che hanno dovuto lasciare per motivi di lavoro per ritrovarsi ora in Trentino. Tommaso è agente di commercio.
Non vogliono ricorrere a storie strappalacrime. «No, assolutamente - dicono - siamo una famiglia felice e continueremo a esserlo. Stiamo solo facendo una battaglia civile per i nostri diritti, per il diritto alla salute di nostro figlio, che è una lotta che riguarda tutti coloro che si sono nella nostra situazione».
E trovano un'alleata importante in questa sfida. Addirittura in giunta provinciale: il requisito della «residenza triennale ininterrotta» in Trentino «è una norma particolarmente odiosa se riguarda i minori e se riguarda la tutela della salute»  ha detto ieri l'assessora provinciale alla salute Donata Borgonovo Re in riferimento al caso del piccolo «rivano» affetto da autismo. «Stiamo discutendo una modifica alla norma sulla residenzialità» ha aggiunto.
È numerosa la famiglia di Daniela e Tommaso: padre, madre e 5 figli ma soprattutto è una famiglia serena e determinata. La loro e quella di Alessio (nome di fantasia) è una lunga storia. Quella di un sistema per curare l'autismo che è all'avanguardia: «Il metodo cognitivo-comportamentale dell'istituto Walden di Roma, Laboratorio di scienze comportamentali, che ha dato risultati eccellenti» dicono. Nel 2007 prende infatti avvio il «Walden institute autism project» e viene istituito il Centro di intervento precoce per i disturbi pervasivi dello sviluppo, coordinato da Chiara Magaudda, che «sono consigliati - dicono - dall'Istituto superiore di Sanità».
Il metodo di cura seguito, la realtà scolastica di Riva e il servizio sociale hanno ricreato sul Garda un tessuto educativo-relazionale attorno al bimbo e alla famiglia che è «davvero straordinario» affermano Daniela e Tommaso e «dobbiamo ringraziare il preside Giovanni Kral e la dirigente del servizio sociale Maria Pia Amistadi».
Padre e madre, nonostante le difficoltà, sono soddisfatti: «Vogliamo dire a tutti i genitori: non devono arrendersi perché hanno la concreta possibilità di vivere una vita serena con un bambino autistico e di farla vivere al bambino stesso. Con il metodo Walden nostro figlio sta crescendo sereno: legge, conta, fa attività con gli altri compagni di classe, fa ginnastica, bici... questo metodo lo "costringe" a entrare nel mondo reale. Troppo spesso abbiamo visto invece famiglie che si sono arrese».
L'unico problema è che la Provincia di Trento prescrive il criterio dei 3 anni di residenza per poter percepire l'assegno di cura o accedere al fondo provinciale per l'autismo. «Noi abbiamo una spesa di 6/700 euro ogni due mesi per la supervisione da parte dell'Istituto Walden e abbiamo bisogno che il diritto alla salute venga riconosciuto anche a nostro figlio. Non possiamo aspettare 2 anni, per vederlo regredire; proprio quando ora si vedono i frutti di tutto il lavoro terapeutico e relazionale». 

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