Test genetico per 50 donne trentine

La scelta di Angelina Jolie che a 37 anni si è fatta asportare entrambi i seni dopo aver scoperto, con un test genetico, di essere portatrice dello stesso gene difettoso che nel 2007 uccise la mamma per un tumore fa discutere, ma soprattutto fa emergere una serie di novità, in materia di prevenzione e medicina, che possono essere utili a tutti. La dottoressa Fiorenza Soli è  medico genetista presso il servizio di genetica medica dell'Azienda sanitaria di Trento

di Patrizia Todesco

La scelta di Angelina Jolie che a 37 anni si è fatta asportare entrambi i seni dopo aver scoperto, con un test genetico, di essere portatrice dello stesso gene difettoso che nel 2007 uccise la mamma per un tumore fa discutere, ma soprattutto fa emergere una serie di novità, in materia di prevenzione e medicina, che possono essere utili a tutti.
La dottoressa Fiorenza Soli è  medico genetista presso il servizio di genetica medica dell'Azienda sanitaria di Trento.
 Dottoressa Soli, anche a Trento è possibile effettuare lo stesso test genetico che ha portato l'attrice a scoprire l'alta  predisposizione al tumore al seno e alle ovaie?
 A Trento, per quanto riguarda i geni Brca-1 e Brca-2, ossia quelli che determinano un alto rischio di sviluppare questi tumori, due anni fa circa è stato creato, anche su direttiva dei vertici, un gruppo multidisciplinare che si prende carico di queste situazioni particolari. Ci sono state riunioni congiunte tra diversi specialisti e si è cercato di redigere un documento che stabilisse percorsi adeguati. In questo modo si cercano di individuare le persone a rischio che vengono poi prese in carico.
 Ma chi sono queste persone? Quali caratteristiche devono avere?
 Si tratta sia di persone che hanno avuto la malattia (tumore ovarico o mammario) o anche persone asintomatiche che però hanno uno o più familiari con questa patologia. Sono stati individuati una serie di criteri e i vari specialisti e i medici di medicina generale fanno solitamente da primo filtro.  Se ravvisano queste caratteristiche il paziente viene inviato per una consulenza genetica. È evidente che un unico caso di tumore in famiglia non fa storia anche perché il tumore mammario è piuttosto frequente, statisticamente ne viene colpita una donna su dieci, e quindi non è poi così raro avere un familiare ammalto. Diverso il discorso se in famiglia ci sono più casi. Altro fattore importante è poi l'età: una cosa è se il tumore insorge a 70 anni e altra se arriva a 40. Ci sono poi caratteristiche biologiche del tumore stesso. Quelli più aggressivi sono solitamente più connessi a qualche alterazione genetica. A quel punto, se il genetista lo ritiene opportuno, propone il test genetico, che per il paziente è un esame del sangue. Il test viene inviato a Genova e da lì, nell'arco di qualche mese, si ha la risposta. Se alterazione dei geni non c'è ci si ferma. Se invece c'è mutazione patogenetica allora abbiamo individuato il perché la persona ha avuto il tumore oppure, nel caso di familiari, informiamo dell'alto rischio.
 

Con la mutazione getica di quanto aumenta il rischio?
In presenza di Brca-1 o Brca-2 il rischio sale dal 40 all'85%. Rimane sempre un 20% di donne che non sviluppano il tumore.
 

Ma sapere che si è "geneticamente" a rischio cosa cambia?
C'è chi non vuole saperlo e chi invece, una volta che dal test risulta l'elevato rischio, decide di fare la mastectomia preventiva visto che in questo modo si riduce il rischio del 95%.
 

In Trentino ci sono donne che hanno fatto questa scelta?

Sì, sono casi rari, ma ci sono stati. Io ricordo di donne che avevano già avuto la malattia e magari anche una recidiva e hanno deciso di togliere tutto, anche ovaie.  C'è stata anche una signora che che ha avuto un tumore al seno una volta che si è fatta togliere anche la mammella sana e le ovaie. Ogni caso è comunque a sé e non bisogna generalizzare.
 

L'oncologo Bernando Bonanni, sentito sull'argomento, ha detto che lui a sua moglie sconsiglierebbe la mastectomia prevetiva ma le consiglierebbe l'assunzione di vitamina A.
Queste sono considerazione che lasciano il tempo che trovano. Bisogna mettersi nei panni di una donna, magari una giovane madre con figli piccoli e che ha avuto un cancro al seno. Non credo che consigliarle di prendere vitamina A risolva il problema. Mi sembra un po' troppo semplificato.
 

Ma chi decide di non essere così radicale cosa può fare con un test dal quale risulta la mutazione. Ci sono altre strade da percorrere?
La persona può fare una chemioterapia preventiva, ossia assumere dei farmaci che mettono a riposo le ovaie,  oppure il paziente può sottoporsi ad una sorveglianza stretta con mammografie, ecografie e nel caso anche risonanze magnetiche in tempi più ravvicinati.
 

Fino ad ora quante donne si sono presentate nei vostri ambulatori chiedendo questo test genetico?
I numeri stanno crescendo con il tempi. Diciamo che ultimamente anche i colleghi medici sono più attenti ad inviare persone quando notano una certa familiarità o qualche elemento anomalo. Siamo nell'ordine delle 50 persone e quasi tutte erano persone che avevano già contratto la malattia. I familiari sono ancora una minima parte.
 

Ogni anno in Trentino vengono scoperti circa 500 nuovi tumori al seno. Percentualmente quanti di questi tumori hanno un'origine genetica?
Direi meno del 10%, ma vi delle particolari situazioni che sono dei campanelli d'allarme come ad esempio la presenza di un tumore mammario in un uomo, oppure una precoce età di insorgenza del tumore oppure la bilateralità della malattia.
 

Ma i test genetici attualmente individuano solo mutazione per il tumore al seno e alle ovaie o possono servire anche per altri tumori?
Vi sono geni alterati anche per il tumore al colon retto e in questo caso abbiamo una stretta collaborazione con la gastroeneterologia.

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