Salute

I malati oncologici e la depressione

In questo contesto l’attenzione alla salute mentale dei pazienti è ancora troppo spesso sottovalutata, nonostante numerose evidenze dimostrino che sintomi depressivi e ansiosi influiscono negativamente sulla sopravvivenza globale. La diagnosi di cancro rappresenta un trauma e il suo impatto psicologico può prolungarsi lungo tutto il percorso terapeutico...

di Fabio Diana

Nel contesto oncologico, l’attenzione alla salute mentale dei pazienti è ancora troppo spesso sottovalutata, nonostante numerose evidenze dimostrino che sintomi depressivi e ansiosi influiscono negativamente sulla sopravvivenza globale. La diagnosi di cancro rappresenta un trauma e il suo impatto psicologico può prolungarsi lungo tutto il percorso terapeutico.

Un impatto psicologico che influenza non solo la qualità di vita, ma anche l’aderenza ai trattamenti, l’efficacia degli stessi e, in definitiva, la prognosi. Quando anni fa ho tenuto un corso per personale sanitario sull’utilizzo delle terapie complementari nella cura dei tumori, il primo problema che mi sono posto era verificare quanto la componente mentale fosse importante. Una metanalisi pubblicata sulla rivista Cancer ha evidenziato un tasso di mortalità maggiore del 25% in pazienti oncologici con sintomi depressivi associati.

Questo rischio si mantiene elevato anche in presenza di sintomi come perdita di interesse per le attività, difficoltà a concentrarsi, sonno disturbato, e, in particolare, senso di stanchezza persistente che rende difficile compiere le attività quotidiane. Stanchezza fisica e mentale, disturbi del sonno, o quadri depressivi maggiori possono interferire con la funzione immunitaria riducendo l’attività dei linfociti T e delle natural killer (Nk), cellule fondamentali per la loro attività antitumorale. In situazioni di alterazione dell’umore da stress cronico si assiste ad un aumento dei mediatori chimici dell’infiammazione. 

Quest’ultima favorisce la proliferazione delle cellule tumorali e la formazione di metastasi. Inoltre, in situazione di umore depresso si tende a non seguire quegli stili di vita salutari (alimentazione, attività fisica, sonno) che incidono in modo particolarmente positivo sull’effetto delle cure farmacologiche. 

Lo stress incide notevolmente, assieme anche alle cure farmacologiche, sulla funzione intestinale e sul microbiota, riducendo la produzione intestinale di mediatori chimici come la serotonina o il Gaba, fondamentali per la regolazione dello stress e dell’ansia, e la qualità del sonno. Un’alterazione del microbiota determina, a sua volta, un’infiammazione di fondo e una alterata funzione del sistema immunitario. 

Non a caso, in molte terapie antitumorali si è osservato come l’uso di una adeguata integrazione con fermenti abbia notevolmente potenziato l’azione della chemio o della immunoterapia. Non è un caso che integratori come la melatonina o la curcuma, che hanno effetti dimostrati sul sonno e sul tono dell’umore, siano spesso presenti sulle banche dati mediche come terapie complementari nella cura dei tumori, in particolar modo associate alle terapie farmacologiche classiche. 

A mio giudizio, uno dei primi sintomi da trattare in persone che hanno avuto una diagnosi di tumore, soprattutto se stanno intraprendendo terapie farmacologiche, è la stanchezza fisica e mentale. Fatica e scarse difese immunitarie si associano spesso, e agire su uno dei due comporta anche un miglioramento dell’altro.

La fatica correlata al cancro (Crf - Cancer-Related Fatigue) è uno dei sintomi più comuni e debilitanti riferiti dai pazienti con tumore. Descritta come una sensazione persistente e soggettiva di stanchezza fisica, emotiva e cognitiva non proporzionale all’attività svolta e non risolvibile con il riposo, la Crf incide in maniera profonda sulla qualità della vita. Ma ciò che è ancora più rilevante è che diversi studi hanno messo in evidenza che livelli elevati di fatica prima, durante o dopo le terapie oncologiche sono associati a peggior adesione ai trattamenti (riduzione dosi, interruzioni), maggiore progressione di malattia e aumento della mortalità. 

Secondo i dati del National Comprehensive Cancer Network, la fatica interessa fino all’80% dei pazienti in trattamento attivo e oltre il 30% dei sopravvissuti a lungo termine. Essa può manifestarsi in tutte le fasi della malattia, peggiorando durante le terapie come chemioterapia, radioterapia e immunoterapia, ma anche persistere per mesi o anni dopo la remissione. 

Diversi studi evidenziano un’azione energetica e immunostimolante di integratori come l’arginina, i funghi terapeutici come reishi, maitake o altri, il ginseng, la rodiola, ma anche sostanze come la solfo-adenosil-L-metionina (Same), un composto prodotto naturalmente dal corpo coinvolto nella sintesi di serotonina, dopamina ed adrenalina, importanti per il tono dell’umore.

Ogni persona ha un suo integratore specifico che va valutato da persona esperta nel campo. L’arginina funziona soprattutto nelle persone ipertese, dove è controindicato il ginseng, ad esempio. Quindi, aiutare il paziente in modo adeguato, nella sua lotta contro il tumore, sostenendolo sia a livello fisico che mentale, può, oltre a migliorare la qualità della vita, migliorare la tolleranza è l’efficacia delle cure.

Fabio Diana è specialista in medicina interna e medicina dello sport [www.fabiodiana.it]

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