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Giacomo Matteotti: 100 anni fa il delitto di regime che svelò il vero volto del fascismo

Era venerdì 13 giugno 1924 quando il quotidiano “il nuovo Trentino” diretto da Giuseppe Cestari pubblicava in prima pagina una “breve” in neretto dal titolo “Per la scomparsa - del deputato Matteotti avvenuta a Roma” riportando l’intervento alla Camera di Benito Mussolini, presidente del Consiglio

di Luigi Sardi

Era venerdì 13 giugno 1924 quando il quotidiano “il nuovo Trentino” diretto da Giuseppe Cestari pubblicava in prima pagina una “breve” in neretto dal titolo “Per la scomparsa - del deputato Matteotti avvenuta a Roma” riportando l’intervento alla Camera di Benito Mussolini, presidente del Consiglio, che affermava: “Credo che la Camera si ansiosa di avere notizie sulla scomparsa dell’on. Matteotti, scomparso improvvisamente nel pomeriggio di martedì 10 in circostanze di tempo e di luogo, non ancora ben precisate, ma comunque tali da legittimare l’ipotesi di un delitto che, se compiuto, non potrebbe non suscitare lo sdegno del Governo e del Parlamento”.

Il deputato - queste le prime, sommarie e inquietanti notizie - era stato visto nel Lungo Tevere Arnaldo da Brescia - aggredito da cinque persone che lo avevano spinto in un’automobile. Il Governo per voce del sua leader rassicura “un’azione rapida ed energica che si sta svolgendo”. Poi alzandosi in piedi Mussolini aggiunge: “Sono sicuro di interpretare il sentimento della Camera tutta esprimendo l’augurio che l’on. Matteotti possa al più presto essere restituito incolume alla famiglia e alla vita pubblica”.

Gli stenografi di Montecitorio che alla frasi dei parlamentari aggiungevano quelle sintetiche note destinate a tramandare il clima, l’assenso o il dissenso degli interventi aggiungono “vivi e continui applausi - deputati in piedi”. C’è nel titolo principale: “Lo scioglimento illegale della Cassa Mutua Trentina di Previdenza Sociale di Trento - e i fatti di Sopramonte nelle interrogazioni dell’on. Degasperi” all’epoca parlamentare dei Popolari, e una riga inquietante, stampata in grassetto che in tipografia è un carattere più marcato e scuro rispetto a quello normale e serve a dare maggior risalto ad un concetto: “L’on. Matteotti soppresso”?

Quello attorno alla Cassa Mutua cominciato a primavera, era stato al centro di uno dei molti scontri fra Alcide Degasperi e il Governo di Mussolini; invece i fatti di Sopramonte erano legati al periodo elettorale precedente il voto del 6 aprile 1924; nel borgo del Monte Bondone c’era stato uno scontro fra un manipoli di fascisti e “sovversivi”, cioè contadini del paese di credo socialista; “erano rimaste contusi di bastone alcune persone dell’una e dell’altra parte. L’ autorità aveva promesso indagini”, ma Degasperi aveva replicato in Parlamento che “c’erano stati diversi casi rimasti impuniti” a Roncegno e Levico “ove furono spezzate le urne elettorali e bruciate le schede. In tutta la Valsugana si parla di chi ha fornito le vetture per le spedizioni, ma finora non si è avuta notizia di alcun provvedimento”. C’ era stata anche un’aggressione a Povo.

Sisinio Pontalti, studente del Liceo Scientifico che portava il distintivo della Gioventù Cattolica, venne manganellato da un gruppo di fascisti ma sottratto alla furia degli aggressori dal commendatore Larcher, Console della Milizia. In vero, alcuni fascisti erano contrari alla violenza. Ma erano davvero una minoranza. E’ nella rubrica “Le ultime della notte” del giornale che s’affaccia quello che sarà uno dei motivi centrali, però insoluti, del delitto Matteotti: la responsabilità di Mussolini.

La sollevò Eugenio Chiesa, fondatore del Partito Repubblicano, oppositore del fascismo e, ovviamente, della monarchia che nella seduta della Camera di giovedì 12 giugno fu il primo parlamentare ad accusare il Duce di complicità nell'omicidio. In aula aveva richiesto “una parola più precisa attorno alle ricerche sul collega scomparso e una deplorazione più severa dal Capo del Governo”. Non avendo, e anche questo si legge su “il nuovo Trentino” ottenuto risposta dall'imbarazzato silenzio del Presidente del Consiglio, pronunciò la frase che innescò e tuttora tiene vivo il sospetto: “Egli tace, quindi egli è complice” che alcuni giornali hanno riportato: “Parli il capo del Governo! Tace! È complice!” Anche su quell’ “imbarazzo” ci fu una puntigliosa diatriba che il tempo ha completamente cassato dalla memoria. Alcuni giornalisti parlamentari interpretarono quel silenzio come conseguenza di un imbarazzo; è certo che il tutto provocò un tumulto.

Sempre da “il Trentino”. Si è visto l’on. Giuseppe Bottai, professore di diritto nelle Università di Roma e Pisa, “lanciare una poltrona nell’emiciclo. E’ certo che molti deputati della maggioranza si scagliarono contro quelli della minoranza vanamente tenuti a bada dai commessi; l’aula si è cambiata in una bolgia d’inferno; urla, colluttazioni, botte, insulti, anche un deputato repubblicano dovette sostenere una colluttazione con i fascisti. Quando l’on. Mussolini invitò l’on. Chiesa a deplorare la frase pronunciata, l’on. Filippo Turati, giornalista, leader del socialismo, interruppe Mussolini scandendo: Questa è vera ipocrisia”. Chiesa disse che alludeva ad una “complicità ideale”. E scoppiò un nuovo tumulto con Bottai che scagliò una penna divenuta calamaio in altre cronache contro il deputato repubblicano. Infine la seduta fu tolta. Era la sera del 12 giugno del 1924. Il Duce per clamore dei deputati dell’opposizione, era diventato il mandante del sequestro e dell’omicidio di Giacomo Matteotti. Ma ecco la prima notizia rivelatasi fondamentale per le indagini. “L’avvocato Davanna, il testimone più diretto della cattura dell’on. Matteotti, consegna il numero di targa dell’automobile… appartenente al garage di Giovanni Tomasini… martedì uno chaffeur prese in consegna l’automobile. Ecco un buon passo in avanti per arrivare alla soluzione del mistero”.

Anche “Il Brennero” che aveva come sotto titolo “Quotidiano fascista” e come gerente responsabile Gino Nones, pubblica la notizia con il titolo “Un drammatico intermezzo parlamentare - La scomparsa dell’on. Matteotti” e con particolari più ampi rispetto a quelli de “il nuovo Trentino”.

Ecco il primo: “La signora Matteotti, interrogata da un giornalista, rispondeva che suo marito aveva dieci Lire tasca ed era uscito da casa con un importante fascicolo di documenti che gli sarebbero serviti per un discorso politico in discussione all’esercizio provvisorio. Spera che nulla di grave gli sia capitato”.

Poi: “Il Presidente della Camera Alfredo Rocco (il giurista, padre del Codice penale da lui varato e rimasto in vigore dal 1930 fino al 1988, quando è stato emanato il Codice Pisapia-Vassalli, nda) incontra l’on. Mussolini, un colloquio di oltre mezz’ ora per trattare di questa scomparsa e conferì con i tre questori della Camera Renda, Guglielmi e Buttafuochi”. Quindi una breve nota. “Si diffuse frattanto la voce che nel tardo pomeriggio dell’altro ieri, mercoledì… era stata vista un’automobile in Lungo Tevere, dove poco prima era stato notato l’on. Matteotti, con una persona dentro (l’auto, nda) che si rifiutava di salire, mentre l’altra lo costringeva a chetarsi… Il signor Cavalli, proprietario di una villetta in Lungo Tevere, vide cinque persone uscire da un’automobile, afferrare una persona, metterla a viva forza dentro il vicolo che riprendeva immediatamente la corsa”. Altri tre testimoni confermano l’aggressione “dichiararono d’aver udito, passando dal luogo succitato, una persona chiusa dentro un’auto procedente a grande velocità, gridare aiuto”. Infine le ultime notizie: “L’autoveicolo è stato identificato, come pure fu rintracciato lo chauffeur. Questi dichiarò subito trattarsi di rapimento. Il guidatore della macchina ignora se l’on, Matteotti sia incolume o ferito”. Invece era stato assassinato. Dunque tre giorni dopo il rapimento, il due giornali trentini potevano raccontare molti particolare sull’aggressione avvenuta in pieno giorno. Cominciano a diffondersi le edizioni straordinarie con i titoli gridati dagli strilloni perché tutti hanno capito, che non vedendolo ritornare, il prigioniero era stato ucciso.

Ecco con il titolo “Intorno alla scomparsa dell’on. Matteotti” del quotidiano “Il nuovo Trentino” di sabato 14 giugno, dare nella rubrica “Ultime della Notte”, la notizia ufficiale a conferma del sequestro avvenuto in pieno giorno, del parlamentare e segretario politico del PSU, il Partito Socialista Unitario. C’è anche una “breve” sulla prima pagina del giornale di Trento riferita a Filippo Filippelli, ex segretario personale di Arnaldo Mussolini, fratello del Duce e direttore del “Corriere Italiano” giornale ultra fascista di Roma.

Si legge: “Avrebbe telefonato ad un giornalista per comunicargli la notizia del rapimento quando nessuno sapeva della scomparsa di Matteotti, nemmeno la famiglia dell’ucciso e nemmeno la Questura”. Poche ore dopo si scoprirà che Filippelli è un testimone molto importante nel rapimento culminato nell’omicidio del deputato. E già si fanno i nomi dei probabili responsabili. Ma è il resoconto stenografico della seduta parlamentare di venerdì 13 giugno a tenere banco. “Quando il presidente della Camera Alfredo Rocco si alza per parlare, gli onorevoli colleghi danno segni di via attenzione”. Rocco si sistema i pince-nez, guarda l’aula con tutti gli scranni occupati, la loggia dei giornalisti colma come quelle riservate al pubblico e legge: “L’ipotesi che ci appare in un primo tempo mostruosa e assurda che la scomparsa del nostro collega potesse celare un crimine si va purtroppo, ogni ora che passa, confermando”. Gli stenografi di Montecitorio annotano: “i ministri ed i deputati si alzano. Con animo e gesti angoscianti e trepidanti…” Finisce l’intervento di Rocco e inizia il dibattito mentre la deplorazione ufficiale della maggioranza è affidata a Dino Grandi, sottosegretario all’Interno.

(1. continua)

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