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Quando si uccide nel nome di Dio

di Luigi Sardi

Si sente gridare: “Ho ucciso con le mie mani dieci ebrei… con l’aiuto di Allah”. E’ urlato dalla voce di un giovane uomo, la televisione lo ha diffuso; un grido furioso di uno dei guerrieri di Hamas che, preso il telefono di un israeliano appena ammazzato in quel sabato di inizio ottobre, chiama i suoi familiari. Che, a loro volta, gioiscono al grido di “Allah akbar”, il verbo della fede, l’esaltazione della grandezza del Profeta.

E i musulmani, quelli che pregano cinque volte al giorno il corpo rivolto alla Mecca, sono devoti ad Allah. Qualcuno fino alla morte violenta, meglio al martirio che significa uccidersi trascinando il maggior numero di infedeli. Che siamo anche noi, occidentali. Siamo, è un timore diffuso ma ancora taciuto, sulla soglia della terza guerra mondiale.

Basta ascoltare Papa Francesco nei suoi accorati, verrebbe voglia di dire disperati appelli alla pace. Forse siamo vicini ad una guerra di religione perché i capi di Hamas ricordano ai loro fedeli il dettato del loro statuto che indica il Profeta come capo, il Corano come costituzione, il jihad - la guerra santa contro gli infedeli - come metodo e la morte per la gloria di Allah “come il più caro desiderio”.

Quello di quel sabato di sangue e orrore, non è stato un combattimento perché quella di Hamas resterà nella memoria e nella storia come un’azione terroristica di massa che aveva un solo scopo: una orribile caccia all’ebreo anche a bambini innocenti spietatamente trucidati. Ma anche le bombe di Israele straziano i bambini e se, sgomenti, chiudiamo gli occhi per la culla insanguinata in quel kibbutz dove i terroristi hanno cominciato a tentare di cancellare dalla faccia della terra il popolo ebraico, anche la donna con la hijad nera fotografata fra le macerie di Gaza mentre stringe fra le braccia il corpo del suo bimbo, ci fa orrore.

Perché anche la armate di Israele vogliono cancellare dalla faccia della terra quelli che dal 14 maggio del 1948, data di nascita dello Stato con la stella di David - ma non è ancora nato quello palestinese - cercano di distruggere l’universo ebraico. Come tentò di fare Hitler. Ecco, “verso il Quinto secolo venne formulata la funesta teoria della guerra giusta destinata a calmare le coscienze con un compromesso fra l’ideale morale della Chiesa e le sue necessità politiche. E’ stato scritto che il progresso dell’umanità è stato frenato per secoli, a seguito di questa teoria la quale sosteneva che la guerra fatta dal sovrano legittimo era sempre una guerra voluta da Dio e che gli atti di violenza che venivano commessi, perdevano ogni carattere di peccato.

Da allora il nemico è diventato sempre, automaticamente, il nemico di Dio e la sua guerra sempre ingiusta”. Questo concetto venne enunciato nella famosa requisitoria pronunciata dall’avvocato Sandro Canestrini di Rovereto nel processo per il disastro del Vajont. Venne scritto nell’estate del 1969 con il titolo “Vajont: genocidio di poveri” dove si parla che “chi si mette al servizio di interessi disumani (in quel caso sciagurato si trattò di interessi economici) è contro l’umanità ed è complice di genocidio”. Due esempi che riguardano la storia di noi trentini.

Nel Duomo di Trento, all’indomani di Caporetto quando le armate austro tedesche stavano per travolgere il Regio Esercito, un Te Deum lodò Dio per la grande vittoria. Il tempio era colmo, le preghiere a Dio sperticate perché i fedeli erano devoti alla Chiesa e fedeli sudditi austriaci. Poi arrivò il 3 Novembre del 1918 e qualche giorno dopo, sempre nel Duomo, padre Agostino Gemelli già confessore del generale Luigi Cadorna, lo sconfitto a Caporetto, officiò il Te Deum ovviamente solenne, perché il Regio Esercito aveva vinto la guerra, quella chiamata Grande anche per il numero enorme di Caduti. Anche in quella data il tempio era colmo perché dopo la celebrazione religiosa era prevista la consegna di generi alimentari alla popolazione, ovviamente ancora in netta prevalenza austriaca, piegata dalla fame.

Da ricordare che padre Gemelli, medico, psicologo, poi fondatore della Cattolica di Milano, fu fascista e antisemita convinto, che nel maggio del 1945 con la fine della guerra scrisse: “Riconosciuto l'errore, debbo dichiarare che l'errore è tutto mio; me ne dolgo: dichiaro che non fu ispirato da odio antisemitico. Errore confessato, mezzo perdonato; e i lettori me lo vorranno perdonare, considerando almeno questo: che ogni giorno, come deve fare ogni buon cristiano, prego per la conversione degli ebrei”.

Insomma, quel sacerdote era stato favorevole alle leggi sulla razza volute da Benito Mussolini e accolte, anche con sperticato giubilo, dagli italiani. Quasi tutti, sia ben chiaro. Così nel Duomo di Trento ci fu un Dio conteso dagli austriaci e dagli italiani protagonisti di una guerra terribile. Anche i soldati di Hitler si ispirarono all’Autorità Suprema con quel “Gott mit uns” inciso sulle fibbie dei cinturoni. Quel motto risaliva al medioevale ordine teutonico, ma il citato “Gott” di hitleriano conio, non era Dio, ma il Demonio.

L’ anno scorso ci siano indignati e preoccupati per l’attacco russo all’Ucraina; adesso quella guerra, che è una carneficina, è relegata nei titoli di coda. Si dice che i Caduti russi siano trecento mila, la metà dei Caduti del Regio Esercito nella guerra del 1915. Doveva durare un paio di settimane, insomma un’operazione di polizia e siamo ancora sulla porta dell’Est dell’ Europa trasformata in un cumolo di macerie e in cimitero sterminato. Forse la cifra dei morti è esagerata; ma c’è il rischio che qualcuno, sul punto di perdere la faccia, perda la testa e pigi quel famoso bottone capace di riportare l’umanità all’ età della pietra. Ecco vedere il Presidente Putin seguito da due ufficiali che portano le valigette necessarie a trasmettere l’ultimo ordine, ci consegna un brivido. Di certo, e da tempo, “la pietà l’è morta” come si gridava nel 1944 nell’ Italia scardinata da una guerra che in troppi, perché non l’hanno vissuta, la stanno dimenticando.

Cantava Nuto Revelli ufficiale degli Alpini, tre Medaglie d’Argento al Valor Militare - due sul fronte russo, una nella guerra partigiana - scrittore come è pubblicato nella immensa enciclopedia di Wikimedia. “Lassù sulle montagne bandiera nera - è morto un partigiano nel far la guerra - un altro italiano va sotto terra - laggiù sotto terra trovi un Alpino - caduto nella Russia con il Cervino”, il famoso battaglione di Penne Nere. Dal maggio del 1945 una parte dell’Europa è vissuta in pace con eccezione della guerriglia in Grecia nel 1946 e delle stragi attorno a Sarajevo dove nell’estate del 1914 ci fu quella scintilla che ancora minaccia.

Davvero, il tempo che abbiamo davanti non è dei più felici.

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