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Il nuovo progetto di Riccardo Gobbo sotto la sigla di S.R.F nelle note del disco "The flame is burning"

Il noto musicista della scena jazz e rock regionale lancia la novità con i figli Francesco e Stefano, entrambi polistrumentisti, esplorando diversi territori sonori

di Fabio De Santi

TRENTO. Sono tredici i brani da "Oriental Bossa" a "Oriental Feeling" che danno vita a "The flame is burning" il debutto discografico degli S.R.F.

Una sigla usata da Riccardo Gobbo, noto musicista della scena jazz e rock regionale e dai figli Francesco e Stefano entrambi polistrumentisti. Un progetto a dimensione familiare che si è concretizzato in un lavoro che partendo dal jazz tocca diversi territori sonori. Di "The flame is burning", uscito per ora in formato digitale ma che avrà nei prossimi mesi anche una forma fisica, abbiamo parlato con Riccardo Gobbo musicista e cantante che ha inciso il suo primo album nel 1979 all'età di diciannove anni.

Quali le radici del progetto S.R.F.?

"Direi che affondano nell'amore per la musica di un padre e dei suoi figli: Francesco, trentunenne e Stefano di ventinove, che hanno partecipato attivamente al progetto, componendo, suonando e arrangiando i brani. Poi c'è Elena dodicenne che ha partecipato esprimendo le sue opinioni riguardo i brani e i vari remix degli stessi, dandoci alcuni efficaci consigli". 

Il primo frutto è "The flame is burning": cosa racchiude questo disco?

"Tutto è nato durante il primo lockdown, quando Francesco mi ha chiesto di mettere mano ad un suo brano spiegandomi cosa voleva ottenere. Così ha preso forma il pezzo "Hdr" (Haus der Kraut) che poi ho inviato a Milano suscitando l'interesse di alcune label. Ci è stato chiesto di comporre almeno altri nove brani per pubblicare un intero album. A questo punto abbiamo coinvolto anche Stefano e ci siamo subito messi al lavoro. Il titolo lascia intuire lo spirito che ci ha animato: una fiamma che arde, dalla quale scaturivano le nostre idee. L'album contiene tredici composizioni originali tranne la traccia numero 12 che è la cover di Tubular Bells di Mike Oldfield, grande musicista molto apprezzato da noi tre. È un cd quasi del tutto strumentale, con pochissimi interventi di cantato". 

Dal punto di vista del sound mi sembra decisamente vario e poliedrico.

"Fin dal principio ci siamo detti che volevamo fare qualcosa di diverso di inusuale.Volevamo spaziare tra i generi, senza dover necessariamente avere una particolare linea guida. A testimoniare questo concetto, Amazon Music ci ha inserito in due diversi generi musicali:siamo presenti in "Dance/Elettronica" e nel genere "Jazz". Altri digital store ci hanno collocato nel genere Acid Jazz e Nu Jazz, a confermare quanto sopra. Il disco spazia da canzoni che qualche dj potrebbe mettere in discoteca (The Android is alive e Hdk) a brani con un'impronta decisamente jazz, grazie al contributo di blasonati strumentisti". 

Di chi stiamo parlando?

"Al cd hanno collaborato Sandro Miori, al flauto traverso e ai sassofoni, Diego Ruvidotti alla tromba e Alessandro Motta alla batteria. Senza di loro il disco avrebbe un sapore diverso. Devo ringraziare questi amici non solo per la loro partecipazione, ma anche per aver saputo interpretare lo spirito che ci ha animato durante la realizzazione del progetto. A proposito di collaborazioni la bella  grafica della copertina è stata realizzata da Damir Jellici, mentre il dipinto è opera di Stefano che si diletta anche con la pittura. Le foto sono invece di  Franco Silvestri".  

Fra i brani che trovo più riusciti  "Berlin" e "Invisible world". 

"Berlin piace molto, con i crescendo dei synth di Stefano mentre Invisible World ha degli interventi di canto piuttosto originali. E per gli ascoltatori più esigenti consiglio Cortocircuito, Funk yourself, A Flower for you e Oriental feeling. Mi piace ribadire che il nostro non è certo un disco "facile" ha però la caratteristica che più si ascolta e più si fa ascoltare. Ad ogni nuovo assaggio sonoro si fa scoprire con suoni e arrangiamenti che erano sfuggiti".  

Avete l'idea di portare live queste musiche  e  ci sono altri pezzi nel cassetto che troveranno vita in futuro? 

"Il live è molto improbabile, per svariati motivi. Francesco vive ad Orvieto, Stefano a Bolzano. Ruvidotti è umbro di adozione mentre Miori vive a Vienna da quasi 30 anni. Solo Motta ed io siamo trentini, seppure di adozione. Brani nel cassetto ce ne sono diversi e dato che tutti i partecipanti hanno dato la loro disponibilità e che le vendite sono decisamente incoraggianti (su Amazon "Jazz" il disco è stato 2°in classifica Bestseller e 1° nelle Novità più interessanti, n.d.r.) penso che, con calma, potremo realizzare un secondo album".

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