Poltica / L’editoriale

I soliti sondaggi nel Paese che soffre

Servono manovre straordinarie. Il governo Draghi sta pensando di mettere in campo aiuti per 20/25 miliardi. La verità è che non si sa come finanziare un'ulteriore spesa del genere con uno scostamento di bilancio che non farà che aumentare il deficit

I sondaggi, in vista delle elezioni, sembrano prevalere sulla realtà. Come se avessimo già votato. Come se ci fosse già un vincitore. Anzi: una vincitrice. Al punto che la stessa trionfatrice in pectore - forse fiutando l'aria ostile - manda già dei precisi messaggi al Quirinale: «Se vinciamo e Fratelli d'Italia si afferma - è infatti il succo di ciò che ha detto Giorgia Meloni nelle ultime ore - il Colle non può che indicarmi come premier».

E ha anche aggiunto: «Sono pronta eventualmente per l'incarico, ma non lo farò a cuor leggero; nessuno può farlo senza che gli tremino i polsi». E da questa sua seconda affermazione discende una considerazione fondamentale: ovviamente tutti vogliono vincere le elezioni, ma nessuno ha poi tutta questa voglia di prendere in mano un Paese che vivrà un autunno drammatico.

L'uscita della leader della destra nasce dunque anche dall'idea (o dal sospetto) che a palazzo Chigi, quasi prescindendo da un voto che fra un mese potrebbe spezzare ancora una volta il Paese in due (o in tre), possa tornarci l'ennesimo premier esterno. La situazione a dir poco complicata potrebbe infatti produrre un'altra maggioranza anomala e ampia. Del resto, rispetto all'emergenza, gli indicatori sono precisi. In campagna elettorale tutti tendono però a schivare dati e previsioni. Più semplice affidarsi a sondaggi che vengono quasi usati come armi di distrazione di massa capaci di allontanare dal voto anche chi ancora crede nell'alto e insostituibile valore democratico della chiamata alle urne.

I sondaggi valgono comunque quello che valgono, se non altro perché quasi tutti tendiamo a decidere all'ultimo minuto. Vale per la vita e vale anche per il voto (o per il non voto, che tutti giustamente temono). A prescindere da chi vincerà, abbiamo davanti una crisi senza precedenti. Nemmeno negli anni Settanta, ai tempi dell'Austerity e delle targhe alterne, la situazione era infatti arrivata a questo punto. Molti chiuderanno la fabbrica o l'attività. Alcuni sono riusciti a sopravvivere alla pandemia e al lockdown.

Ma resistere alle bollette che molti operatori in queste ore stanno mettendo esemplarmente in vetrina, per qualcuno sarà impossibile. Il gas, almeno per un altro anno e mezzo - come ha osservato l'altro giorno un esperto come Franco Bernabè - avrà prezzi impossibili. E ci vorrà ancora un po' di tempo per pensare a fonti (e vie) alternative che permettano di prescindere dalla dipendenza dalla Russia. Diciotto mesi - lo ha detto lo stesso Bernabè, pur guardando con ottimismo al futuro - sono pochi, ma sono invece decisamente troppi per chi non ce la fa.

Servono manovre straordinarie. Il governo Draghi sta pensando di mettere in campo aiuti per 20/25 miliardi. La verità è che non si sa come finanziare un'ulteriore spesa del genere con uno scostamento di bilancio che non farà che aumentare il deficit. "Manovra" che richiede il pieno appoggio del Parlamento, considerato che non si tratta certo di ordinaria amministrazione. È prima di tutto di questo che dovrebbe parlare - con chiarezza - chi è in campagna elettorale.

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