L'editoriale

Dai litigi alla bella vittoria del Festival dell'economia

Ha vinto il Festival dell'economia. Viva dunque il Festival. Chi (ogni riferimento a Torino è puramente voluto) ha cercato di bucare le gomme della bicicletta arancione è rimasto deluso. Così come chi auspicava che andasse male la prima edizione davvero fugattiana (le altre erano in fondo ereditate da Dellai e da Rossi).

Il Festival resiste pure ai cambi di colore del palazzo della Provincia.

Del resto, ospita fin dal primo giorno i principali protagonisti del periodo nel quale si svolge, prescindendo dalla loro provenienza politica. Il fato e il governissimo di Draghi ci hanno poi messo lo zampino: facendo in modo che questa volta si potessero di fatto accontentare quasi tutti. Molti litigi - va detto - si potevano facilmente evitare.

A cominciare da quello fra la Provincia (colpevole di improvviso e ripetuto mutismo) il Comune e l'università. Anche Laterza, Boeri e Cipolletta (nella duplice veste di ex presidente della nostra università e del Sole24ore) potevano dare una prova di stile: soprattutto sulla concomitanze (stupida) delle date. L'ex ministro Francesco Profumo avrebbe potuto ricordarsi di essere anche (dal 2014) il presidente della Fondazione Bruno Kessler e non solo il presidente (dal 2016) della Compagnia di San Paolo o l'ex rettore del Politecnico di Torino.

Tornando a Laterza e Boeri, qualche (loro) pugno lo si poteva mettere in preventivo. Se è un peccato che a suo tempo non si sia trovato un accordo per separarsi consensualmente, è un peccato ancor più grande che chi ha portato (oggettivamente) qui il Festival (ormai 17 anni fa) abbia poi fatto di tutto per portarselo via. La riconoscenza non esiste più? Ma oggi lo si può dire ad alta voce: il Festival è di Trento. La nostra è una città perfetta per ospitarlo: senza una Provincia, un Comune e un'università che danno gambe alle idee, lo scoiattolo non sarebbe nemmeno uscito dalla sua tana.

E se cerca di andare lontano, rischia pure di farsi male. Persino le formule e i programmi (fin troppo densi) passano dunque in secondo piano rispetto alla forza dell'idea iniziale: fare della nostra città la capitale del pensiero economico, anche del dubbio, della sete di conoscenza, della domanda che magari non contribuisce a creare una soluzione, ma che ottiene sempre una risposta.

Sempre giusto e persino doveroso riflettere sui modi che hanno portato a questa edizione e alla concorrenza torinese. Ma conta il risultato finale. Gli ospiti arrivati da tutto il mondo gongolano.

Il pubblico è felice, anche se qualcuno ha giustamente rimpianto la possibilità - fondamentale in un festival - di fare domande.

I trentini si sono goduti la presenza delle grandi pensatrici e dei grandi pensatori di questo tempo. E ha vinto appunto il Festival. Meritati applausi a tutti, dunque. I margini di miglioramento ci sono e bisogna ad esempio evitare che quello di Trento diventi il festival del Sole 24 ore. Senza andare lontano, il Festival dello sport di Trento è già considerato il Festival della Gazzetta. Ma sono tutte cose sulle quali si può (e si deve) lavorare. Perché il Festival dell'economia ormai ha preso residenza: a Trento.

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