Dentro il dramma dell'autismo

di Alberto Faustini

A Casa Sebastiano, la straordinaria struttura voluta in val di Non dall'imprenditore Giovanni Coletti per curare i bimbi autistici, parlano di uno «schiaffo che toglie il fiato»: quel bambino - che ora tutti vogliono aiutare - è stato affidato al tribunale dei minori. I genitori che l'hanno rifiutato - si legge nel sito della Fondazione trentina per l'autismo - «o sono disgraziati o sono disperati: in ogni caso abbiamo fallito. Le istituzioni hanno fallito, la società ha fallito». 

La disgrazia della disperazione unisce le parole. Coletti parla di disabilità. Dura. A volte durissima. Non vuol sentire parlare di malattia. Ma ricorda la totale solitudine delle famiglie al cospetto di una patologia, l'autismo, che riguarda un bimbo ogni 52 che ne nascono.
Emergenza invisibile. Non ci sono supporti. Mancano servizi. Gli operatori sono pochi. La formazione - soprattutto prima della nascita di Casa Sebastiano - era pressoché inesistente. «Ci si sente soli sin dal momento della diagnosi - scrive Gianluca Nicoletti, che in alcuni libri struggenti ha dato voce al figlio Tommi - col rischio di finire in mano a venditori di illusioni e ciarlatani. Con i figli che diventano fantasmi, cittadini senza diritto di cittadinanza». 

Anziché giudicare, anziché prendercela con quei genitori che strappano il cordone ombelicale che li lega al figlio che non vogliono più e che per diverse ragioni non riescono più ad accudire, dovremmo tutti - a cominciare dalla politica - costruire su questo dramma nuove risposte, nuove forme d'attenzione. Non inutili leggi o emozioni, ma risposte. Casa Sebastiano - centro specializzato che non ha eguali in Italia - c'è solo perché un padre visionario e generoso come Coletti ci ha messo tutti i suoi risparmi. E per capire cosa provi, basta guardarlo in quei suoi occhi chiari come il mare nel quale amano giocare le sue bimbe: un regno magico dove nessuno giudica e dove tutto è possibile. 

Ma le istituzioni stanno a guardare. Come se spettasse ai privati il compito di dare cittadinanza ai "fantasmi". 

Sul dramma dell'abbandono - ha scritto ancora Nicoletti - «sembra aleggiare quel diffuso senso di spietatezza verso le persone fragili, che stiamo gioiosamente coltivando nel nostro paese».
Siamo di fronte a più tragedie. Quella di un bimbo abbandonato che ora tutti dicono di voler "salvare", ma che è solo la punta di un iceberg di dolore, di attese, di frustrazioni. Quella d'una famiglia che non ce la fa più e che per questo condanna anche se stessa e i tanti sogni che s'infrangono contro il confine di una disperazione muta, ai più incomprensibile. Quella di chi - come gli angeli di Casa Sebastiano - non ha strumenti giuridici per poter prendere per mano quel bimbo.

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