Pensioni, la Cgil non pensa ai giovani

di Paolo Cagol

«Incontro Governo-sindacati su pensioni, Gentiloni apre le maglie (e il portafoglio) dell'Inps e propone una mediazione ai sindacati: Cisl apre, Cgil chiude, la Uil ci deve pensare». Questi i titoli di giornale di domenica. Accordo sfumato e il Governo rimanda tutto nella speranza di una soluzione condivisa (che non ci sarà), dimostrando un'attenzione per il parere dei sindacati che non ricordo di aver visto nell'ormai lontano novembre 2011, quando vennero scritte le stesse regole che oggi vengono rimesse in discussione. 
Intanto un gruppo di giovani studenti di economia, fondatori del Think-Tank Tortuga, lancia l'appello «Non abbassate l'età pensionabile, ve lo chiedono i giovani», promuove una raccolta firme per non bloccare l'adeguamento dei requisiti pensionistici e domenica da Lucia Annunziata alla trasmissione «Mezzora in più» pone due domande a Susanna Camusso.

Le domande sono: 1) Dove vuole trovare i 140 miliardi per finanziare l'abbassamento dell'età pensionabile? Nuove tasse, meno spese, o scaricandoli sulle nuove generazioni? 
2) Pensa che un sindacato con oltre un terzo di iscritti sopra i 60 anni sia un sindacato che funziona e in grado di costruire un futuro più equo?
Lavoratori precoci ansimano per raggiungere l'agognata pensione (che i loro figli non percepiranno alla stessa maniera), Gentiloni garantisce che la manovra è sostenibile (ma ogni nuovo costo lo è, se bilanciato da un eguale risparmio) e tra diritti acquisiti e opportunità mai maturate quello che ancora non si riesce a mettere a fuoco è che l'Italia spende in pensioni più di ciò che dovrebbe permettersi: quasi il 60% della spesa sociale (è il 39% in Germania), più di qualsiasi altro paese, mentre a sostegno di famiglie e infanzia va il 6% (11% in Germania), per le politiche della casa e contro la povertà l'1% (nel Regno Unito l'8%).
Certo, chi frequenta i luoghi del lavoro, le fabbriche, dove si fatica e si guadagna ogni giorno lo stipendio, capisce perfettamente quali sono i problemi di allungare la permanenza al lavoro di lavoratori precoci con alle spalle più di 40 anni di lavoro, ma finché questo problema sarà affrontato facendo finta di non sapere che, oltre alla vergogna dei vitalizi, ogni anno la spesa previdenziale supera i 270 miliardi anche per riconoscere pensioni a persone andate in pensione a 35 anni (di età, non di contributi), con 14 anni, 6 mesi e un giorno di lavoro e in generale con un meccanismo (il cosiddetto retribuito) che garantisce trattamenti mediamente del 25% superiori ai contributi versati, le soluzioni non potranno che essere un goffo vacillare tra equità sociale e sostenibilità finanziaria che non raggiunge né l'uno, né l'altro obiettivo. 
Diritti acquisiti (e intoccabili) li chiama qualcuno, avvertendo di non incitare allo scontro generazionale. Intanto però Bankitalia ci spiega che negli ultimi vent'anni mentre gli under 35 sono sempre più poveri, gli over 60 se la passano sempre meglio e messa così, i diritti più che acquisiti sembrano essere privilegiati.

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