Non vale chiudere gli occhi

Non vale chiudere gli occhi

di Matteo Lunelli

Volevo scriverlo ieri sul mio profilo Facebook, tanto ero disgustato e arrabbiato: “Se qualcuno dei miei amici pensa che le persone (eh sì, sono persone) di queste immagini dovrebbero A) morire annegate B) starsene fuori dai piedi C) patire le peggiori sofferenze D) non aver diritto a una vita o a un tentativo di vita migliore, beh per favore toglietemi l’amicizia (per quanto possa essere importante un’amicizia su Facebook), lasciatemi perdere, non parlatemi. Siamo delle persone differenti, non abbiamo nulla da spartire. E sì, penso di essere migliore di voi!”

Poi non l’ho fatto, perché alla fine Facebook lo uso per mettere qualche canzone, per condividere qualche articolo o qualche foto, non per intavolare discussioni lunghe e complicate. Le foto in questione sono tre. Due sono della Stampa, o meglio del fotografo turco dell’Afp Bulent Kilic, e una è dell’Ansa. Eccole, poi riprendiamo. 

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Ovviamente sono un comunista, perbenista, populista, dovrei accoglierli a casa mia ecc ecc, però io non riesco a vedere in questi volti dei delinquenti, dei potenziali criminali o assassini, degli spacciatori, degli stupratori, dei terroristi. Non ci riesco proprio. Forse sbaglio perché non mi fanno schifo quelli con la pelle più scura della mia (ma tra poco andrò al mare e rimedierò)? Forse sbaglio a non essere preoccupato che queste persone possano rubarmi il lavoro? Forse sbaglio a non difendere la religione del mio Paese?

In tutta onestà sono veramente preoccupato per quello che leggo e che sento. Non sono praticamente mai andato in Chiesa, sono un peccatore, ma i miei genitori, la scuola, le persone che ho frequentato hanno sempre provato a spiegarmi il significato di parole come solidarietà, aiuto, accoglienza, umanità. Si chiamano, in una parola sola, valori. Averli è fondamentale e non è una questione politica o religiosa. Personalmente alcuni di questi valori li ho, altri provo ad averli, alcuni non ce la faccio proprio, altri li imparerò con il tempo. Quelli che ho, però, mi permettono di non pensare, vedendo le foto sopra, che quelle persone dovrebbero morire o continuare a soffrire nei loro Paesi.

Tra di loro (non mi piace il termine migranti, perché negli ultimi tempi sta avendo, purtroppo un’accezione negativa) ci saranno senza dubbio delle persone poco raccomandabili, dei potenziali delinquenti o dei delinquenti senza il potenziali. Di sicuro. Ma per questo tutti meritano di non avere una chance? Queste persone disperate scappano da miseria, povertà, guerra, fame. Per provare a scappare rischiano la vita. L’Europa senza frontiere chiude loro in faccia le frontiere. L’Europa nella quale i muri sono crollati 26 anni fa ora vuole costruire i muri ("Costruiremo un muro ai confini con la Serbia per tenere fuori i migranti”: il ministro degli esteri ungherese Peter Szijjarto). E la Francia? La Francia chiude le porte, quella Francia che è sempre stata poco simpatica, ma per la quale tutti ci siamo schierati quando la loro (nostra) libertà era in pericolo: Je Suis Charlie scrivevamo convinti.

E l’Italia? L’Italia che lascia le persone sugli scogli o che le sposta di peso (no, non in un albergo 5 stelle con connessione wifi), come sempre non si capisce da che parte stia, cosa voglia fare, che idea abbia. La legge che abbiamo in vigore sull’immigrazione si chiama Bossi-Fini, non Madre Teresa-John Lennon, ma nonostante questo non riusciamo ad avere una posizione. Trovata quella, poi, si agisce. C’è chi riduce tutto a una questione di soldi (“quanto ci costano queste persone?”), ma io continuo a scandalizzarmi di più per i 28 miliardi di euro di truffa al SanRaffaele di Milano, continuo a scandalizzarmi di più per chi ha lucrato e guadagnato sulla vita di queste persone: “Con gli immigrati si fanno molti più soldi che con la droga”, ha detto uno con la pelle bianchissima che non scappava da un Paese in guerra. Uno che, nel cellulare, non aveva i numeri di poco raccomandabili tunisini o nigeriani o etiopi, aveva i numeri di tanti potenti in giacca e cravatta. La sua frase è concettualmente la stessa di quell’imprenditore che rideva ed esultava dopo il terremoto a L’Aquila. Però ho imparato che godere e guadagnare dalle disgrazie altrui non è valore. I valori sono altri, e ce ne sarebbe tanto bisogno. Tantissimo.

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