Mattarella, il Capo dello Stato eletto dal Presidente del Consiglio

Mattarella, il Capo dello Statoeletto dal Presidente del Consiglio

di Pierangelo Giovanetti

Sergio Mattarella, il candidato del premier Matteo Renzi, è il dodicesimo Presidente della Repubblica Italiana.
Dopo anni di governi del Presidente, abbiamo così il Presidente del Governo. Cioè un Capo dello Stato frutto del capolavoro di abilità, fiuto e spregiudicatezza politica del Presidente del Consiglio. Un inedito totale nella storia italica, dove solitamente l’elezione del Quirinale costituisce un riequilibrio di poteri, non una possibile ulteriore concentrazione, con tutti i rischi che questo può comportare.
Intendiamoci: Sergio Mattarella è una persona integerrima, fedele servitore della Costituzione, con una storia personale e familiare esemplare e una capacità di indipendenza testimoniata anche da ministro, come Silvio Berlusconi sa benissimo visto che fu pronto a dimettersi pur di non avallare una legge, la Mammì, smaccatamente a favore del Cavaliere e delle sue televisioni.

Però, il fatto che Matteo Renzi sia il kingmaker che ha trasformato un grigio giudice della Corte costituzionale nel Capo dello Stato, scegliendolo fra decine di possibili candidati, scombussolando tutti i giochi politici e spiazzando i veti e i controveti, riporta (o meglio, porta per la prima volta) il Presidente del Consiglio al centro del sistema politico, a scapito dei partiti e del Presidente della Repubblica, i due soggetti su cui il sistema si è retto rispettivamente nella Prima e nella Seconda Repubblica.
Secondo il premier, con le riforme avviate il ruolo del Capo dello Stato si è modificato. Non è più il dominus che dà la stabilità ad un sistema politico frammentato e diviso, colui che decide i governi e i primi ministri, che poi a lui rispondono, ma è semplicemente il notaio. Colui che registra il voto popolare e certifica la formazione della maggioranza, rientrando per buona parte negli alvei di una funzione di garanzia, ma non strettamente politica.
Matteo Renzi ha in mente il modello della Germania, con un Capo dello Stato al di sopra delle parti politiche (il contrario del modello francese di semipresidenzialismo a cui si è assistito in Italia negli ultimi anni, pur senza l’elezione diretta di Napolitano), e un ruolo di rappresentanza. Con in più poteri di supplenza in caso di impasse politica, cosa peraltro destinata a ridursi qualora vadano in porto le due riforme istituzionali, l’Italicum e la fine del bicameralismo. Un po’ quello che succede nella Repubblica Federale tedesca, dove il Cancelliere esercita il potere di governo, e il presidente interviene solo in caso di elezione del Cancelliere senza maggioranza assoluta, decidendo discrezionalmente se sciogliere le camere o conferire egualmente la nomina.
La scelta di Sergio Mattarella, a parte la sua profonda conoscenza giuridica e costituzionale oltreché della politica nazionale e dei suoi protagonisti, è scaturita proprio da questo presupposto: se eletto sarà un garante delle istituzioni ma senza (o quasi) alcun ruolo politico discrezionale, che, nelle sue intenzioni, Matteo Renzi riserva a se stesso.

È questo il motivo per cui il premier ha bocciato candidati «più appetibili», come Giuliano Amato che gli avrebbe garantito l’appoggio di Berlusconi come di D’Alema oltre a gran parte degli altri, o lo stesso Romano Prodi. Perché non voleva personaggi dal profilo politico forte, con un’autorevolezza internazionale riconosciuta, una competeneza economica acclarata e anche una notorietà più spiccata, che avrebbero potuto fargli ombra. E soprattutto rivendicare per sé un ruolo politico più forte, come avvenuto per gli ultimi tre capi dello Stato.
Sicuramente un ritorno alla «normalità» politica di un Paese attraversato da 25 anni di transizione - come speriamo accada dopo l’approvazione delle riforme istituzionali - non ammette uno scontro di poteri fra le due principali istituzioni della Repubblica: Quirinale e Palazzo Chigi. Quello italiano non è un sistema di potere «condiviso» come è quello americano fra Congresso e Casa Bianca, ed è giusto che chi si presenta agli elettori chiedendo il consenso, e lo ottiene, poi governi come avviene in qualunque sistema maggioritario.
Però è altrettanto rischioso, o per lo meno squilibrato, avere un forte premier senza un significativo contrappeso sul Colle più alto, dato che i partiti ormai a marcata impronta leaderista, non esercitano più funzione di contropotere. Tanto più in un quadro politico-istituzionale come quello italiano, dove per ora non esiste nemmeno uno straccio di opposizione strutturata e alternativa, ma solo sguaiati urlatori di piazza o modesti questuanti di posti di sottogoverno.
Per il bene dello stesso Renzi, verrebbe da dire, occorre un contrappeso, rispetto ad un vulcanico presidente del consiglio che, come è ovvio e naturale, non sempre le imbrocca tutte, e soprattutto al primo colpo. Ma soprattutto per il bene dell’Italia, perché il troppo potere concentrato per sua natura dà alla testa. E anche un simpatico guascone, pieno di energia, coraggio e utile sfrontatezza rottamatrice, se non bilanciato può sempre ubriacarsi di sé e diventare un Masaniello dal triste destino.
La storia insegna, comunque, che la «grazia di stato» non vale solo per i pontefici di Santa romana Chiesa, ma anche per gli inquilini del Quirinale. E chi arriva innocuo e sottovalutato agnello sul Colle più alto sa poi esercitare un ruolo all’altezza del compito, trasformando le sue debolezze più o meno presunte, in punti di forza e di autorevolezza, oltre che di empatia popolare, che sicuramente al momento mancano al quasi sconosciuto (anche per molte cancellerie internazionali) Sergio Mattarella.

Oggi il fratello di Piersanti Mattarella, assassinato dalla mafia esattamente nel gennaio di 35 anni fa, è diventato il successore di Giorgio Napolitano.
L’augurio è che sappia esercitare con forza e sapienza il potere di Presidente della Repubblica, che è sicuramente un potere «soft», spesso di moral suasion, ma importantissimo e decisivo per il bene dell’Italia.
E anche, checché lui ne pensi, per il bene di Matteo Renzi.

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