Coi libri, tra le fiamme anche il dovere di critica

E' dal 212 avanti Cristo che gli storici registrano roghi di libri. Per lo più organizzati da regimi totalitari, sono sempre stati gesti odiosi, che puzzavano di esaltazione e di negazione. Negazione del diritto e dovere di critica.

di Giorgia_Cardini

Correva l'anno 213 a.C., in Cina, quando l'imperatore Qin Shi Huangdi attuò il primo rogo di libri di cui si ha memoria, con l'intento di eliminare ogni traccia della tradizione che potesse costituire una minaccia al suo mandato imperiale: al falò si accompagnò poi una violenta persecuzione contro gli intellettuali, soprattutto di matrice confuciana, 460 dei quali furono sepolti vivi. Da allora, nel corso della storia dell'umanità le "pire" di testi si sono susseguite a tutte le latitudini, sotto qualunque potere, senza distinzioni di credo religioso, in dittatura come in democrazia. Sì, pure in democrazia. In Italia accadde nel 1958 a Varese, nel cortile della procura della Repubblica: per ordine di un giudice, che consideva l'opera pornografica, fu bruciata l'edizione italiana di "Historiettes, contes et fabliaux" del marchese de Sade. E l'editore Luigi Veronelli si beccò pure tre mesi di reclusione. Ma, naturalmente, a essere ricordati sono soprattutto i falò organizzati dai regimi dispotici: dal Nazismo nella Bebelplatz di Berlino il 10 maggio 1933; dal governo del generale Pinochet, in Cile, dopo il colpo di Stato del 1973; dai militari guidati dal golpista Videla, in Argentina, il 26 aprile 1976.

Ecco perché non può non fare impressione che nell'Italia del 2014 ci sia ancora chi può pensare che bruciare un libro platealmente e non per scaldarsi sia un atto politico come un altro: eppure, è appena accaduto.

Francesco Neri, militante del Movimento 5 Stelle e organizzatore del Meetup di Zagarolo (paese più famoso per la parodia  "Ultimo tango a Zagarol" che per aver dato i natali a politici illustri), venerdì sera ha ridotto in cenere l'ultimo libro di Corrado Augias "I segreti d'Italia", ha fatto una bella foto del suo personale "autodafé", l'ha postata su Facebook e dopo tutto ciò ha dato pure del "fascista" ad Augias. 

"E' il gesto di un esaltato - ha commentato all'Ansa lo scrittore, attaccato per aver criticato apertamente M5S nel salottino tv di Daria Bignardi - però gli esaltati non saltano fuori se non possono contare su un ambiente che nella loro eccitazione ritengono favorevole".

Ecco, proprio questo è il punto: negli ultimi anni le cronache italiane hanno registrato notizie di "gesti" (pestaggi di gay soprattutto, ma anche di avversari politici) compiuti da estremisti per lo più di destra, ma non solo, che contavano sulla protezione o comunque su una comprensione assolutoria da parte dei loro referenti politici.

Si tratta di un fenomeno dunque affatto nuovo, ma la cui pericolosità non può sfuggire, in questi giorni di toni che definire esagerati non è più sufficiente. Come non può più essere sufficiente la tendenza a minimizzare, pericolosissima in un Paese in cui ancora troppi cittadini tendono a sposare più che le cause, chi le propugna, buttando tra le fiamme il bene democratico più prezioso: il diritto e il dovere di critica, riconquistato dopo gli anni bui del fascismo.

 

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