Pelle umana

Otto anni fa, raccontai su questo giornale la storia di un piccolo imprenditore tessile di Strigno, che cuciva pantaloni e jeans per un marchio del lusso, a 3 euro al capo. L'aziendina, strangolata dai prezzi imposti dal committente, chiuse i battenti.

di Giorgia_Cardini

Otto anni fa, raccontai su questo giornale la storia di un piccolo imprenditore tessile di Strigno, che cuciva pantaloni e jeans per un marchio del lusso, a 3 euro al capo. L'aziendina, strangolata dai prezzi imposti dal committente, chiuse i battenti.

Era il piccolo sintomo di un male dilagante, che ha piegato molte imprese italiane, prontamente sostituite da una miriade di terzisti: spesso stranieri e disposti a produrre anche ai 48 centesimi a capo dell'azienda cinese di Prato, dove sono bruciate sette vite.
Terzisti che, imparato il mestiere, si sono messi anche in proprio per soddisfare la crescente richiesta di vestiti e beni a basso costo. Una domanda che ha contribuito ad alimentare la spirale perversa fatta di contrazione dei diritti, scarsa o nulla sicurezza sul lavoro, diminuzione dei salari, disoccupazione crescente, recessione infinita.
I più informati hanno compreso cosa sta dietro a certi prezzi e ora cercano di selezionare i prodotti in base all'etica di chi li fa, ma non sempre ciò è possibile. E d'altra parte colpevolizzare il compratore medio è ingiusto: allevato a pane e consumismo, pur nell'occhio del ciclone ribassista consuma per quello che può. E quello che può è spesso prodotto così: al prezzo, impagabile, della pelle umana...

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