Gli acuti di Mosna in una sfida non giocata fino in fondo

Il volto di Mosna è nuovo, ma il messaggio che viene dalla sua coalizione non lo è altrettanto. E soprattutto non è chiaro. Mosna ha ancora otto giorni di campagna elettorale per provare a spiegarlo e a lanciare l'unica sfida che gli elettori possono sentire come vera che è quella per vincere

di Luisa Maria Patruno - NO

Mancano le emozioni in questa campagna elettorale e anche la capacità di suscitare entusiasmo, quell'entusiasmo e quella passione che crescono quanto più una sfida è combattuta. 

Questo accade quando le squadre che si confrontano sono forti e competitive tra loro (senza il sospetto di accordi sottobanco); quando chi le guida è un trascinatore, che sa come tenere su il morale e dare la carica; e soprattutto quando il risultato è incerto e questo serve a tutti per tenere alta la tensione, rendere interessante la partita e giocarsi il tutto per tutto fino all'ultimo secondo.
Invece, a una settimana dal voto si può dire che mancano quasi tutti questi ingredienti. Primo, le squadre non sono competitive tra loro. Ci sono nove candidati presidente della Provincia "nanetti", perché possono contare solo sul sostegno di una lista, massimo due per Maurizio Fugatti, e non è un buon presupposto per chi punta a vincere.
 
Secondo, ci sono poi due coalizioni anch'esse squilibrate: il centrosinistra autonomista si presenta con sette partiti "veri", di cui tre piuttosto consistenti (Pd, Upt, Patt), mentre la coalizione delle sei civiche è trainata da Progetto Trentino, forte della presenza di Silvano Grisenti, ma per il resto ha messo insieme liste improvvisate o personali. 
 
Terzo, le due coalizioni sono paragonabili solo nel fatto di avere come candidato presidente due persone, Ugo Rossi e Diego Mosna, che non sanno scaldare il cuore della gente, né conoscono l'arte della politica (benché Rossi vi sia immerso da qualche anno) nel senso migliore del termine, che vuol dire saper elaborare e comunicare una visione di futuro, saper fare sognare pur restando con i piedi per terra. Ma questa è una capacità non comune - forse una dote - che non si improvvisa.
 
Quarto, stando così le cose, considerato che il centrosinistra autonomista è la maggioranza uscente e che Ugo Rossi parte favorito, per quanto i trentini possano essere stanchi o critici verso la coalizione che hanno fatto vincere negli ultimi 15 anni, è dal principale sfidante, Diego Mosna, che ci si deve aspettare qualche guizzo in più. Penso a un'idea nuova, uno stimolo, un'offensiva più agguerrita e netta nel proporre quel cambiamento di cui dice di essere portatore, dimostrando di voler rappresentare lui l'alternativa al centrosinistra autonomista.
 
Invece, a una settimana dal voto la campagna elettorale si trascina stancamente, con Mosna che invece che proporre i temi li insegue, a volte anche con ritardo. Ieri ha offerto due acuti sulla questione della riserva all'erario e il braccio di ferro tra Stato e Provincia; e poi ha scoperto il tema della sicurezza - storico cavallo di battaglia della Lega - rivelando anche di essere stato personalmente vittima di un'aggressione con coltello. Ma non si è visto molto altro.
 
Forse quello che sta fiaccando la candidatura di Diego Mosna è l'aver dichiarato in premessa che se non vince le elezioni se ne torna alle sue aziende, quindi sparisce di scena, lasciando in consiglio provinciale Silvano Grisenti a guidare la coalizione, insieme al fatto che ormai è un segreto di Pulcinella che questa "operazione liste civiche", di cui Grisenti è il regista, è nata per potersi infiltrare nel centrosinistra autonomista dopo il voto, riuscendo magari a fare saltare il Pd, piuttosto che per rappresentare di per sè un'alternativa.
 
Certo, il volto di Mosna è nuovo, ma il messaggio che viene dalla sua coalizione non lo è altrettanto. E soprattutto non è chiaro. Mosna ha ancora otto giorni di campagna elettorale per provare a spiegarlo e a lanciare l'unica sfida che gli elettori possono sentire come vera che è quella per vincere.   
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