La rissa in Parlamento mi dà coraggio

di Matteo Lunelli

Guardate e ascoltate questo video: me l’ha segnalato un amico. Sono solo due minuti e c’è anche un pizzico di Trentino, ovvero il “nostro” deputato del Movimento 5 Stelle Riccardo Fraccaro.

 



L’avete guardato? Avete ascoltato?


Beh, ora è il momento che mi tolga un sassolino dalla scarpa. E’ giunto il momento di dire tutto, di levarsi dopo tanti anni un peso dallo stomaco. Mi rendo conto che sto approfittando dello spazio che mi concede ladige.it, che probabilmente non merito un palcoscenico di pubblico così vasto per una questione così personale, ma che in fondo coinvolge tutti noi. Forse si potrebbe addirittura parlare di utilizzo privato del mezzo (quasi) pubblico. Me ne scuso, ma ne ho bisogno.

Veniamo al punto, lasciatemi dire tutto, senza troppi peli sulla lingua. Facciamo un salto indietro di oltre venticinque anni. Diciamo 1986, più o meno. Siamo in via Tomaso Gar, a Trento. I più giovani non lo ricorderanno, ma lì c’era una scuola: erano le Elementari Giuseppe Verdi. Sono state la mia scuola. In quel luogo e in quegli anni avvenne l’episodio del quale voglio parlarvi. Un evento che mi ha segnato come persona: non sarei l’uomo che sono oggi, nel bene o nel male, senza quell’episodio. Un ragazzo della terza B, infatti, mi disse che ero scemo. Disse a me che ero un mezzo scemo e al mio amico del cuore che era uno scemo intero. E lo fece guardandomi con cattiveria e minacciando addirittura di darmi una sberla. Io, sbagliando (ma me ne rendo conto solo ora), non dissi nulla. Non denunciai il fatto alla maestra. Tacqui. A mia giustificazione posso dire di non aver avuto degli amici che si schierassero dalla mia parte, difendendomi e chiedendo alla preside di mettere tutto agli atti. Io tacqui, è questo il punto. Non feci la spia alla maestra e incassai il duro colpo.

Ecco, dopo aver visto il video sopra ho trovato il coraggio di vuotare il sacco. Grazie Manlio, Angelo, Riccardo e Carlo, anzi Manu, Ange, Ricky e Carletto: vi sento vicini e mi sento di chiamarvi per soprannome. Voi vi siete sentiti dare dei “coglioni” e dei “mezzi coglioni” e vi hanno minacciato con un pugno. A me hanno dato dello scemo e minacciato con una sberla: mi rendo conto che siete più vittime di me. Però vi ringrazio, voi e tutte quelle centinaia di persone che sono in quella grande aula a Roma (molto più grande delle Verdi di Trento) e che litigano tra loro facendo trovare il coraggio a persone come me di vuotare il sacco.

comments powered by Disqus