Che sogno, Trento avanguardia ecologica...

di Zenone Sovilla

L'altra mattina mi è venuta in mente una visione della Trento primi anni Ottanta (del Novecento).

Tutto quel brulicare di iniziative politiche per rispondere a un'esigenza ormai netta: mitigare l'impatto della mobilità sulla vita quotidiana.

Il dibattito politico  si intrecciava con le iniziative popolari per cercare risposte. Si era compreso che assecondare nel bacino urbano il dominio dell'automobile avrebbe favorito una serie di dinamiche, compreso il progressivo consumo di suolo per costruire agglomerati abitativi, commerciali e dei servizi, fuori della cintura cittadina.

I politici probabilmente avevano studiato a fondo le analisi e le proposte dei più illuminati urbanisti americani. Nel suo piccolo, anche la verde Trento doveva salvaguardare la propria capacità di respirare e insieme di cogliere appieno le opportunità dell'epoca.

Anno dopo anno fu tutto un brulicare di decisioni urbanistiche rivoluzionarie, che ponevano Trento nell'avanguardia mondiale della sostenibilità ambientale e della qualità della vita. Erano interventi innovativi ma in fondo semplici, a volte banali e sostenuti da una convinta adesione della gente. Veniva estesa di un paio di chilometri la fascia di rispetto nella quale non era concesso entrare in città in auto ma contemporaneamente tutte quelle strade svuotate diventavano un'infinità di percorsi sicuri per i pedoni, le biciclette e per un sistema efficiente di piccoli trenini elettrici  che creavano una rete fitta e rapida di connessioni con l'esterno.

La rivoluzione aveva un'enorme popolarità, la gente era soddisfattissima di poter arrivare in centro velocemtne (sul trenino e in bici) senza perdere nemmeno tempo ai semafori o a cercare costosi parcheggi. Lungo via Brennero sfrecciavano i trenini colorati e le biciclette, c'era sempre gente che camminava e pure parecchie bancarelle che vendevano un po' di tutto. E nei dintorni, finalmente, le scuole non era più assediate dalle auto.

Ai margini, pochi parcheggi di attestamento per chi arrivando da fuori voleva utilizzare l'automobile e una serie di rimesse per i residenti nell'area libera (che peraltro avevano diritto all'uso gratuito dei vari mezzi collettivi). Fu realizzata anche una straordinaria rete extraurbana su una serie di direttrici principali che consentiva anche ai pendolari meno vicini di arrivare velocemente in città. Naturalmente sui trenini si poteva caricare con facilità anche la bicicletta, un po' come si fece, molto più tardi, sulla metropolitana di Copenaghen, per intenderci. Sul territorio, poi, grazie all'invenzione, nel 1985, delle Comunità di valle, fu creata una rete di piste ciclabili e di connessioni di trasporto collettivo con i paesi principali, il che consentiva davvero a molti di lasciare l'auto a casa.

Il vecchio sistema delle linee extraurbane, nato secondo le logiche anni '60 e fino ad allora mai ripensato, fu rovesciato come un calzino.

Fu bello quando, pochi anni dopo, l'allora presidente della Provincia e l'allora sindaco di Trento diffusero i primi bilanci di questo sistema rivoluzionario che, via via, nel frattempo, si era arricchito di un paio di piccole funicolari (sul tracciato di  vecchie strade in parte inutilizzate) e di qualche tapis-roulant in centro (frequentatissimo quello da piazza Duomo alla stazione). I dati empirici dicevano che per le famiglie i costi e i tempi di spostamento erano diminuiti notevolmente. Risparmi anche per chi aveva optato per la formula di abbonamento più costosa, che includeva l'accesso a tutti i mezzi di trasporto disponibili in provincia.

Anche i commercianti diffusero cifre incoraggianti: molta più gente di prima sceglieva la città per fare acquisti (i clienti erano pure contenti che per le merci ingombranti la consegna a domicilio fosse compresa nel prezzo) e sbagliava chi aveva visto nel futuro un territorio percorso da valanghe di automobili in marcia verso centri commerciali sparsi nelle periferie. Ora Trento era sempre colma di persone, non di macchine.

Un bel giorno anche l'Azienda sanitaria diffuse quache dato e vi fu un certo clamore di fronte a quei milioni di euro (eravamo ormai dopo il 2001) risparmiati in tutta una serie di casistiche (specie per le patologie cardiorespiratorie, che gli stessi dati epidemiologici davano in sensibile arretramento fra la popolazione locale).

Inoltre, gli enormi spazi enormi che si erano liberati in città con la scomparsa delle automobili erano stati un'occasione per creare arredo urbano, aree apprezzate per il gioco, le relazioni sociali, il commercio, l'arte, la cultura e finanche lo sport.

La città era ormai diventata un caso di studio a livello internazionale e contagiava altre zone d'Italia e d'Europa.

Franz, un collega austriaco, scendendo dal minitreno che aveva preso per andare al PalaTrento, mi disse: ma com'è possibile tutto questo?

"È l'autonomia speciale, bellezza", gli risposi un po' tronfio.

***

Mi sono svegliato così, l'altra mattina, con la voce di Franz che che mi chiedeva "ma com'è possibile tutto questo?".

Siamo fermi da un paio di minuti, con una decina di altri pedoni, al semaforo principale che come un fossato con coccodrilli separa via Pozzo (e dunque piazza Duomo) dalla stazione. Osserviamo sgomenti una coda interminabile di automobili spazientite che si avviano verso Torre Verde e la caotica via Brennero.

Ci guardiamo attorno. A parte un minuscola area della città, tutto il resto è invaso da motori, carrozzerie e gas di scarico.

Per evitare il traffico ci infiliamo in una piazzetta protetta da una piccola transenna, ci rendiamo conto che anche quello spazio è chiuso al traffico solo temporaneamente: è in corso una cerimonia, gente in costume tirolese ma che parla italiano mescolato al dialetto.

Franz mi guarda e mi dice: "Rievocano Andreas Hofer, un tirolese di due secoli fa, in Austria ingnoto ai più e anche chi lo conosce spesso lo reputa, al di là della tragica morte, un rappresentante violento di ideologie reazionarie e oscurantiste. Ma, scusa, mi spieghi che cosa c'entra con Trento, per giunta nel 2012? Com'è possibile tutto questo?".

È l'autonomia, bellezza.

comments powered by Disqus