Non siamo qui per scaldare la sedia!

di Patrizia Todesco

Non siete qui per scaldare i banchi: mi diceva la mia carissima maestra alle elementari. Lo stesso discorso si potrebbe trasferire sul lavoro. Contano di più le ore di presenza o la qualità e quantità del lavoro svolto? Vista l'attuale organizzazione del lavoro sembra che ripaghino più le ore di presenza. Forse per questo in molti sono scettici di fronte alle proposte di telelavoro o di orari troppo elastici. Vengono visti come scorciatoie per lavorare meno e non, come in realtà sono, strumenti per lavorare meglio, per produrre di più. Parlo da mamma e quindi faccio esempi da mamma.

 

Se una mamma sa che suo figlio esce da scuola alle 12 e 20 e che magari a casa non c'è nessuno che gli possa fare da mangiare o aprire la porta è evidente che il suo pensiero sarà lì, a casa. Se potessi staccare dal lavoro prima, occuparsi di lui e poi tornare in ufficio le cose andrebbero diversamente. Forse quello non sarà l'orario di tutti ma essere più elastici gioverebbe sia a lei che all'azienda. Quest'ultima avrebbe una lavoratrice più motivata e concentrata e meno stressata. Stessa cosa se una parte del lavoro (quando possibile) lo si potesse fare da casa.

 

Quando i figli sono a scuola, quando dormono, quando sono impegnati in altre attività le donne sono in grado di dare il massimo. Le loro capacità organizzative, che sono evidenti nella vita familiare, verebbero trasferite pari pari sul lavoro. In molti casi le lavoratrici, soprattutto quando si sentono comprese nei loro bisogni, sanno essere veloci, intuitive, caparbie, pratiche e spesso anche ingegnose. E' forse questo che i datori di lavoro non capiscono. Che occorrerebbe sfruttare al massimo le potenzialità di ognuna, tagliando il lavoro su misura come fosse un vestito. Ne uscirebbe un prodotto perfetto, per il lavoratore e per l'azienda. E invece si continua con gli orari fissi, le scrivanie e l'occhio all'orologio più che al risultato.

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