L'uomo che chiedeva giustizia

Era vigile urbano, si rifiutò di tagliarsi barba e capelli e fu licenziato con una calunnia. Il tribunale gli aveva dato ragione, il Comune voleva risarcirlo con 300 mila euro ma lui voleva solo la sua divisa: è morto da barbone, aspettando giustizia.

di Luigi «Gigi» Zoppello - No

EX VIGILE URBANO CAPELLONE E RIBELLE, MUORE DA CLOCHARD - A LIVORNO. RIFIUTÒ RISARCIMENTO 300 MILA EURO, RIVOLEVA LA DIVISA

   (ANSA) - LIVORNO, 2 SET - Vigile anticonformista e capellone, poi clochard non per scelta. Un tempo lo si poteva definire Serpico, negli ultimi anni un Forrest Gump. È morto ieri a Livorno un personaggio molto noto in città, un personaggio strambo ma apprezzato, Giampaolo Cardosi, 69 anni: è caduto dalla sua bicicletta e ha battuto la testa. Non c'era più nulla da fare, come riferiscono oggi alcuni giornali nelle edizioni locali, quando l'ambulanza è arrivata al pronto soccorso che era diventato una delle sue case d'inverno per ripararsi dal freddo.
   C'era chi storceva il naso vedendo quel vigile con capelli e barba lunghi, i pantaloni a zampa di elefante. Ma Cardosi se n'era infischiato, andava avanti a fare il suo dovere. E, forse, se avesse accettato di cambiare, ora pensa qualcuno, la sua esistenza non sarebbe deragliata. Non si era mai voluto piegare, neppure ad un compromesso che gli avrebbe  potuto consentire di vivere agiatamente. Dopo il licenziamento da parte del Comune con un'accusa - furto - dalla quale era stato assolto in tribunale, aveva rifiutato il risarcimento che l'amministrazione gli aveva proposto, 300.000 euro. "No - aveva obiettato lui - rivoglio la mia divisa". E, proprio come Forrest Gump, aveva continuato la sua battaglia per ottenere quel che riteneva gli fosse stato portato via ingiustamente: su e giù per la città con la sua bicicletta. Nel febbraio scorso, il Tar aveva respinto il suo ricorso ma lui aveva annunciato che si sarebbe rivolto al Consiglio di Stato. Nel frattempo, aveva perso la casa per un debito di neppure 2.000 euro con un avvocato. La sua vita ultimamente scorreva tra la mensa della Caritas, la sala d'attesa del pronto soccorso dove dormiva e il tribunale  penale dove trascorreva qualche mattinata anche per essere presente a una delle udienze che lo riguardavano. "Una testa dura a cui era impossibile far cambiare idea", lo descrivono gli amici. Una testa dura, un ribelle d'altri tempi, che a molti livornesi un poco mancherà.

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