Feste patronali, accorpamenti e rinunce

La diversa ricorrenza dei giorni festivi, paese per paese, in occasione delle feste patronali è sicuramente un elemento poco funzionale nell'organizzazione del lavoro, come pure nella fruizione dei servizi

di Pierangelo Giovanetti

Caro direttore, come lavoratori trentini occupati in provincia di Bolzano ci rendiamo conto ogni anno della comodità di avere un'unica festività patronale valida per tutta la provincia, nel caso specifico il lunedì di Pentecoste.
I vantaggi di questa festività provinciale/regionale sono molteplici. Ne ricordiamo solo alcuni: il vantaggio di sapere sempre il giorno della settimana in cui cadrà la festività (il lunedì di Pentecoste è riconosciuto in tutta l'Europa). Solo in pochi paesi, vedi Italia, i Patroni sono inflazionati e distribuiti a frazioni e paesini; il vantaggio di vedersi riconosciuta la festività del Santo Patrono, a volte «confusa» con il 15 di agosto; il vantaggio di non trovarsi improvvisamente di fronte ad uffici e negozi chiusi in uno dei nostri 200 comuni e frazioni per il Santo Patrono locale, ignoto ai più; il vantaggio per i contabili delle imprese che possono regolarmente contabilizzare questo aspetto in modo omogeneo.
Nessuno toglie il Santo Patrono, semplicemente si stacca la parte laica dalla specificità religiosa. Ognuno di Voi può trovare ulteriori argomenti a favore di una festività patronale a livello provinciale per il giorno di Lunedì di Pentecoste, non ultima la soluzione omogenea su tutto il territorio regionale.
Giovanni Polla  - Caderzone Terme


La diversa ricorrenza dei giorni festivi, paese per paese, in occasione delle feste patronali è sicuramente un elemento poco funzionale nell'organizzazione del lavoro, come pure nella fruizione dei servizi.
Chi si fosse recato, per esempio, ieri ad Arco, avrebbe trovato tutto chiuso per la festività della patrona sant'Anna. Chiusi quindi gli uffici, le fabbriche, gli sportelli, a casa il personale dell'Azienda sanitaria, mentre nel resto del Trentino era un giorno lavorativo come gli altri. Per chi fa festa, a volte c'è anche il disagio di non avere il giorno di ferie insieme alla moglie, o agli amici, perché magari impiegati nel paese vicino, e quindi normalmente al lavoro.
Detto questo, l'abolizione delle feste patronali è di fatto impraticabile. Primo, perché sono espressione della ricchezza territoriale, culturale, storica, religiosa delle varie comunità, che ne restano gelosissime custodi. Solo pochi sarebbero disposti a rinunciare a fare festa nel giorno del patrono, per spostarla in una data convenzionale, magari il lunedì di Pentecoste.
In secondo luogo perché gli italiani (e quindi anche i trentini) sulle festività e sui «ponti» non sono disposti a cedere nulla, come dimostra il ritiro del recente provvedimento del governo Monti sull'accorpamento delle festività, a fini di aumento della produttività del Paese. A Roma stanno passando riforme e provvedimenti impensabili fino a qualche mese fa, ma quello dello spostamento delle festività non è riuscito neanche a Monti, e al suo governo.
Alle feste, anche patronali, nessuno rinuncia. Nemmeno in tempi di crisi nera, come quelli attuali.
p.giovanetti@ladige.it

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