I «Soroi» volteggiano indisturbati nel cielo

di Renzo Moser

All’inizio degli anni Novanta, la professoressa Elsa Fornero faceva la consigliera comunale a Torino. In quegli stessi anni, George Soros scorrazzava per i mercati mondiali alla ricerca di prede da azzannare: prede ormai deboli, sfiancate, senza speranza, pronto a infliggere il colpo fatale nel nome del profitto. Lo avrebbe fatto ancora a lungo, negli anni a venire. Un autentico bucaniere della finanza più aggressiva, abituato a solcare i mari in burrasca a bordo del suo invincibile «Quantum», il leggendario hedge fund che contribuì in maniera determinante a mettere in ginocchio prima la sterlina, poi la lira. E molto altro ancora.

Era il settembre del 1992: la sterlina perse, in pochi giorni, il 15% circa del suo valore contro il marco tedesco e saltò: via dallo Sme; poi, nelle stesse ore, George spostò le bocche di fuoco contro la lira, che ebbe lo stesso destino, invano difesa dalla Banca d’Italia di Carlo Azeglio Ciampi.

Quella battaglia costò al paese una enorme fetta di ricchezza nazionale e portò profitti mostruosi nelle casse di Soros. Dissesto delle finanze pubbliche e deficit di competitività erano le tracce di sangue che allora avevano guidato il predatore fino alle vittime; dissesto delle finanze pubbliche e deficit di competitività hanno portato i tecnici di Mario Monti a palazzo Chigi, ma hanno anche risvegliato il fiuto di quei predatori, mai sazi. Che infatti sono tornati a volteggiare minacciosi: i «Soroi», appunto, come li ha definiti Paul Krugman. Certo l’uomo si è poi ripulito, con il suo «Open Society Institute» si è accreditato come uno dei filatropi più generosi del pianeta, ha persino chiuso il suo hedge fund, dichiarando di volersi dedicare solo al patrimonio di famiglia («Come se Mike Tyson si desse all’uncinetto», ci ha messi in guardia il Wall Street Journal). Ma Soros era e resta il simbolo della finanza senza regole, opaca e spietata, nemica della trasparenza e indifferente ai «danni collaterali». Non è nostra la colpa, è il ritornello dei «Soroi», noi facciamo solo il nostro mestiere. Che è quello di fare soldi, tanti, scommettendo sulle disgrazie altrui: ieri la Grecia, oggi la Spagna, domani?
Poco male, è la Fornero, al Festival dell'Economia,  che bisogna contestare, mentre i «Soroi», indisturbati, continuano a volteggiare nel cielo.

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