Il Paracetamolo va in pensione

Si è scoperto come funziona, ora largo a farmaci di nuova generazione

di Luigi «Gigi» Zoppello - No

(ANSA) - È in commercio da sessant'anni ma finora era ignoto il meccanismo per il quale il paracetamolo è efficace contro la febbre, i dolori e le infiammazioni, tanto da essere diventato uno dei farmaci più consumati e prescritti. Derivato dall'anilina, la sua scoperta risale addirittura al 1890 e pare si avvenuta per caso, in seguito alla trasformazione di un sottoprodotto di un processo industriale ma ora i suoi segreti sono stati svelati. E si aprono scenari nuovi per la farmacologia che, seppur non in tempi brevi, potrà lavorare
allo sviluppo di molecole con le stesse proprietà antifebbrili, analgesiche e antinfiammatorie del paracetamolo ma senza i suoi effetti collaterali, derivanti dalla tossicità sul fegato, i
reni e il midollo spinale, in caso di sovradosaggio.


   Ad alzare il velo sul funzionamento di questo farmaco è stato un gruppo di ricercatori di Francia, Svezia e Regno Unito che hanno descritto la sua azione nei topi da laboratorio, sulle
pagine di Nature Communications. Hanno scoperto che il bersaglio che rende il paracetamolo efficace è una proteina, la TRPA1 che si trova sulla superficie delle cellule nervose.
   La sperimentazione è consistita in un test sui topi per osservare la loro soglia del dolore. Si è misurato il numero di secondi necessari perchè un topo ritirasse la zampa da una superficie leggermente calda ed è stato osservato che il paracetamolo aumentava questo intervallo di tempo dimostrando che il farmaco riduce il dolore indotto dal calore. Poi gli esperti hanno ripetuto il test eliminando la proteina TRPA1 e hanno visto che il paracetamolo non aveva più effetti contro il dolore.


   "La nostra scoperta mostra per la prima volta - afferma Stuart Bevan del King's College di Londra, uno degli autori della ricerca - che questa proteina è un nuovo meccanismo di
azione per l'antidolorifico".  Il team ha inoltre scoperto che prendere paracetamolo induce
la creazione di un dannoso sottoprodotto detto NAPQUI, responsabile degli effetti collaterali tossici in caso di sovradosaggio, nel midollo spinale e nel fegato.
   "Adesso possiamo cominciare a cercare molecole che funzionino allo stesso modo per dare sollievo al dolore - aggiunge David Anderson del King's College di Londra - ma che sono meno tossiche e che non comportano complicazioni serie in caso di sovradosaggio".(ANSA).
 

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