Saremo hungry e saremo foolish

Gli affamati e i folli di  tutto il mondo lo ricorderanno per sempre. Chi guarda al futuro lo ricorderà per sempre. Tutti gli altri, chi si adagia, chi non sogna, chi è ancorato al passato, no. Ma non sanno cosa si perdono.

di Matteo Lunelli

Questa notte, esattamente alle 2.12, il mio cellulare è squillato. Era un collega, che dopo delle rapide scuse per l’ora, ha detto: «È morto Steve Jobs». Qualche secondo di silenzio e poi abbiamo chiuso la telefonata. Mi sono alzato e in cucina ho acceso il mio Mac. Sito dell’Ansa, Huffington Post, New York Times e Apple.com. Steve Jobs è morto, era vero. A volte si possono avere dei dubbi sulla portata di una notizia, sulla sua importanza, sui risvolti che avrà: in questo caso no. Nessun dubbio, se n’è andato uno degli uomini più influenti del mondo, almeno degli ultimi cento anni. Icona, mito, pioniere, genio, visionario, messia: sono sono alcune delle definizioni che la stampa mondiale ha riservato a Jobs, oggi, ma anche in passato. Perché se si è dei miti lo si è tanto da vivi quanto da morti. Questo uomo ha rivoluzionato il mondo, la nostra vita, la nostra quotidianità, le nostre prospettive. L’ha fatto con delle idee, delle idee racchiuse in degli oggetti. Ha saputo rendere la fantasia qualcosa di concreto, ci ha fatto toccare con mano il futuro. Ogni pagina della sua biografia, ogni sua frase, ogni suo prodotto rappresentano un insegnamento. Jobs non ci ha fatto amare un’azienda o un brand, ma un’idea.

Tutto ha inizio l’1 aprile 1976: Jobs e Steve Wozniak fondano la Apple Computer, dopo aver messo a punto il progetto del primo computer nel garage della casa di Steve. Assieme creano Apple I e nasce il mito. Poco più che ventenne Jobs inizia a mettere in pratica quello che poi diventerà un motto e un insegnamento per milioni di persone: «Il vostro tempo è limitato, perciò non sprecatelo vivendo la vita di qualcun altro. Abbiate il coraggio di seguire il vostro cuore e la vostra intuizione: loro vi guideranno in qualche modo nel conoscere cosa veramente vorrete diventare. Siate affamati, siate folli». Parole che Jobs pronunciò all'Università di Stanford, il 12 giugno 2005 in occasione della consegna delle lauree. Jobs, affamato e folle, lo fu nuovamente nel 1984, lanciando Macintosh. La campagna pubblicitaria durò esattamente sessanta secondi: Jobs, infatti, contro il volere del Cda, comprò uno spazio di un minuto durante il Super Bowl, alla cifra di 800.000 dollari. Lo spot, con la regia affidata a Ridley Scott, si chiamava «1984» ed era una sorta di citazione del Grande Fratello di George Orwell. La reazione degli spettatori fu di sconcerto e stupore, i direttore di tutti i telegiornali decisero che quello spot era così unico da costituire una notizia, e lo riproposero nei propri tg: milioni e milioni di dollari in pubblicità gratis.

A Stanford Jobs parlò anche di puntini: «Non potete sperare di unire i puntini guardando avanti, potete farlo solo guardandovi alle spalle: dovete quindi avere fiducia che, nel futuro, i puntini che ora vi paiono senza senso possano in qualche modo unirsi nel futuro. Dovete credere in qualcosa». E senza alcun senso, probabilmente, apparve nel 1985 l’abbandono di Jobs alla Apple. Un abbandono che fu, di fatto, un licenziamento. Jobs allora creò NeXT e Pixar: ovviamente, un successo. Pixar realizzò alcune delle più famose pellicole d'animazione, totalmente prodotte al computer, come Toy Story, A Bug's Life, Monsters Inc., y Finding Nemo (Alla ricerca di Nemo). Siamo nel 1997. E Jobs torna in Apple, dalla porta principale. Nascono in rapida successione iMac, iPod e iTunes, prodotti che cambiano il modo di vivere di milioni di persone. Il computer diventa bello, funzionale, rapido e la musica entra nelle tasche delle persone. Sfoggiare un Mac o camminare per strada con le cuffiette bianche nelle orecchie equivale ad una dichiarazione di indipendenza.

Nel 2004 a Jobs viene diagnosticato un cancro al pancreas. Torniamo a Stanford: «Il mio dottore mi consigliò di tornare a casa a “sistemare i miei affari”, che è un modo per i medici di dirti di prepararti a morire. Poi ho fatto una biopsia e venne fuori che si trattava una forma molto rara di cancro curabile attraverso la chirurgia. Così mi sono operato e ora sto bene. Questa è stata la volta in cui mi sono trovato più vicino alla morte, e spero lo sia per molti decenni ancora. Nessuno vuole morire. Anche le persone che desiderano andare in paradiso non vogliono morire per andarci». Jobs torna in pista, pronto a sconvolgere il mondo, di nuovo. Nasce l’iPhone. «Voglio un telefono con un solo tasto», dice al suo staff di ingegneri e programmatori. Ciò che pareva impossibile diventa realtà: un telefono con un tasto solo, con il quale navigare in internet, fare filmati e foto. Nel giugno 2007 il melafonino è in commercio: oggi, quattro anni dopo, smartphone e touch screen sono una cosa normale, banale, forse già superata. Grazie all’intuito di Jobs. Nel 2010 ecco arrivare una nuova rivoluzione: entra in commercio l’iPad. Un tablet che cambia il mondo dell’informazione: i giornali si leggono in formato digitale. Nel marzo 2011 l’ultima apparizione pubblica di Jobs, durante la presentazione dell’iPad 2: nell’arco di pochi mesi il prodotto è già migliorato, grazie anche alle indicazioni degli utenti. Cinque mesi dopo Jobs annuncia il suo passo indietro nella guida della Apple. Al suo posto c’è Tim Cook, che il 4 ottobre lancia l’iPhone 4S: in pratica si parlerà con il telefono, e non più solamente al telefono. C’è da scommetterci: anche dietro quest’ultima innovazione c’è lo zampino di Steve Jobs.

Gli affamati e i folli di  tutto il mondo lo ricorderanno per sempre. Chi guarda al futuro lo ricorderà per sempre. Tutti gli altri, chi si adagia, chi non sogna, chi è ancorato al passato, no. Ma non sanno cosa si perdono.

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