La val di Susa: quando manca la fiducia

Invece di mandare l'esercito a presidiare i cantieri è necessario ricostruire il patto tra cittadini e stato

di Barbara Goio

La val di Susa è diventata un simbolo, e ne paga le conseguenze, nel bene e nel male. Ma è anche un punto fermo in cui si giocano i rapporti di forza tra la volontà popolare e esigenze nazionali.

Prima di tutto va sgomberato il preconcetto che la volontà popolare sia sempre buona, e le esigenze di uno Stato siano sempre cattive: la storia è ricca di esempi in cui il popolo, in buona fede, ha combinato un sacco di disastri, e lo Stato ha invece portato avanti progetti nel bene della collettività. Ma qui ed ora, hic et nunc, nel 2011 in Italia, quello che si è rotto è soprattutto un patto di fiducia tra cittadini ed istituzioni. E' come un matrimonio finito male: nonostante le intenzioni e tutta la buona volontà possibile, non c'è nulla da fare, non ci si fida gli uni degli altri. In particolare, i cittadini non si fidano delle istituzioni. Sono anche giustificati in questo loro modo di sentire, per troppi anni le leggi non sono state fatte per tutelare i deboli ma per legittimare comportamenti ingiusti, interi enti sono stati creati solo per sfuggire al dialogo democratico e, ancora, il politico non è chi lavora al servizio della collettività ma è percepito come un personaggio più o meno famoso, più o meno abile, che ha a cuore solo il proprio tornaconto. Questo soprattutto a livello nazionale, perché per fortuna nelle realtà più circoscritte la situazione è più limpida.

Tornando alla val di Susa, e più in generale ai cantieri che sorgeranno anche in val d'Adige per fare passare i treni superveloci, tutto il discorso si basa su un semplice presupposto: vuoi tu cittadino rinunciare a territorio, ambiente e sicurezza in cambio di un futuro che si promette radioso? Visti i presupposti, è molto difficile dire di sì. Per tante ragioni, ma soprattutto per la mancanza di fiducia. Per questo, prima di tacciare chi è contrario alla Tav di essere un nemico del progresso e di non capire nulla di sviluppo, è necessario recuperare la reciprocità, il rispetto, il tener fede agli impegni. Purtroppo ogni nuovo scandalo di malasanità, di appropriazione indebita, di corruzione, non fa altro che spingere verso due reazioni opposte ed entrambe dannose per lo sviluppo dell'Italia: il rifiuto a priori di ogni idea, sia che si tratti di linee ferroviarie europee che dell'inceneritore di casa nostra, e un giustizialismo diffuso per cui sono tutti e sempre soltanto dei ladri.

Chi, amministratore pubblico, tradisce il suo mandato non solo fa il danno reale di rubare ai cittadini (salute, denaro, opportunità, futuro) ma spacca quel rapporto di fiducia che rischia di non essere più ricomposto. Per fortuna, la società è molto meglio di quanto si voglia far credere, e sono tante le forze sane che aspettano e hanno voglia di fidarsi ancora: invece che mandare l'esercito e presidiare i cantieri, sarebbe molto più sensato cercare di diventare interlocutori affidabili, dare voce alle tante energie pulite, ascoltare, proporre, difendere. Per quanto riguarda il trasporto su ferro, guadagnare il rispetto difendendo una politica di tutela del territorio e dei servizi ai pendolari, prima di entrare nel merito dell'alta velocità. Altrimenti si è sempre da capo: come posso fidarmi di quello che promette un amministratore che avvalla lo smantellamento delle linee ferroviarie normali e manda in malora i treni? Non si può, mi dispiace.

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