Non è un balzello odioso ma una misura coraggiosa

di Renzo Moser

Quello dei ticket sanitari è un terreno minato, insidioso, pericolosissimo, per avventurarsi nel quale servono mille cautele, una certa dose di freddezza e un discreto coraggio. Soprattutto se si vuole affermare che sì, i ticket servono. Che non sono necessariamente un balzello odioso, ma uno strumento fondamentale della pianificazione, della corretta gestione e del contenimento della spesa sanitaria.
I ticket possono avere due funzioni: una virtuosa, l’altra un po’ meno. Quest’ultima è la funzione di far cassa: grazie a un prelievo diffuso e per forza di cose iniquo, si trasformano in uno strumento di finanziamento della spesa sanitaria.
La prima, quella che qui ci interessa, è quella di sottolineare che le prestazioni sanitarie hanno un costo, anche quando questo non viene scaricato sugli utenti.
Prendiamo il caso dei farmaci. Quando i ticket sulle medicine vennero aboliti a livello nazionale, l’effetto fu quello di una spinta al consumo farmacologico. Il che forse accontentava le case produttrici, ma non era il massimo per i conti della sanità italiana. Senza ticket, i farmaci perdono di valore. È evidente - ma forse è il caso di ribadirlo - che il sistema dei ticket deve essere accompagnato da un efficiente sistema di esenzione (anziani, malati cronici, redditi bassi,...).
E lo stesso può valere per il pronto soccorso: se più di sette accessi su 10 non sono giustificati dalle reali condizioni del presunto paziente, vuole dire che quei sette o sono ipocondriaci, o si spaventano per poco, o cercano scorciatoie per esami specialistici. Significa che per molti cittadini quella prestaziuone ha perso di valore.
Nell’uno o nell’altro caso, un ticket, anche minimo, può scoraggiarli. E rendere meno esasperanti le code al pronto soccorso che sono alla base di tante lettere di protesta dei nostri lettori.

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