Sangue misto: l'inevitabilità dell'Internazionale

di Paolo Ghezzi - NO

L'anacronismo di un concetto politico (e di una testata giornalistica) come "La Padania" e delle ricorrenti tentazioni scissioniste verso un'Italia del Nord più piccola, ricca e compatta, è stato ancora una volta dimostrato - con scientifica evidenza - dalla finalissima di Madrid. Ha vinto una squadra italiana che di italiano ha solo il suo presidente, i suoi soldi e la sede sociale: perché in campo - allenati da un portoghese - ci sono argentini, brasiliani, rumeni, bulgari, olandesi, africani di varia provenienza. A rendere palpabile e cromatico il nome di "Internazionale". Il migliore degli italiani - che però non ha giocato - è tale Balotelli, nero come il carbone. Si capisce l'imbarazzo di Trota Bossi, il figlio bianco del Senatùr, alla vigilia del match: in assenza della Padania, e di tracce di sangue bergamasco o brianzolo in Maicon, gli veniva da tifare Bayern - per supposta parentela etnica tra lombardi e bavaresi - ma comunque doveva riconoscere la milanesità di Moratti, e il suo milanese talento nell'aver prodotto la squadra meno italiana della storia, che vince non in quanto lumbarda ma proprio per la mescolanza di razze e lingue diverse.
Lo si è visto ieri anche in piazza Fiera a Trento: se nella nostra piccola provincia vengono a vivere i sikh e gli etiopi, le polacche e le cubane, le piazze diventano più colorate, i figli incrociati più belli, la prosecuzione della specie (umana) più probabile. Ce lo diceva l'altro giorno al telefono il sociopolitologo americano Bob Putnam, che inaugurerà il 5° Festival dell'Economia parlando delle sfide di Obama: gli Stati Uniti d'America sono la prova vivente del successo di una società multietnica; all'inizio, un secolo fa, gli italiani immigrati erano considerati brutti, sporchi e cattivi; addirittura "non bianchi"; oggi non sono diventati anglo-sassoni come i primi coloni, ma hanno costruito un "nuovo noi" americano, così come fanno tutti gli altri popoli, con i loro colori, le loro lingue e le loro religioni.
Ritornando al calcio, colpisce la prima pagina del "Dolomiten" del 21 maggio: la nazionale tedesca in ritiro sudtirolese viene omaggiata da un "Willkommen" cubitale con i colori della bandiera: schwarz-rot-gold. Quasi un rigurgito di pangermanismo, l'implicita domanda di annessione alla Grosses Deutschland, grande patria della piccola patria alpina? Eppure anche nei medaglioni dei giocatori tedeschi - anzi "germanici" come li chiama il Tgr di Bolzano - le facce di Jerome Boateng, Dennis Aogo e Cacau tradiscono coloriture tropicali non artificiali, mentre altri nomi e cognomi turchi, slavi, islamici, polacchi circondano gli ariani che possiamo ipotizzare puri, come il Bastian Schweinsteiger che però a Madrid ha dovuto arrendersi all'armata internazionale di nerazzurro vestita.
Perfino la Volkspartei, partito del popolo sudtirolese, dovrebbe cominciare a rassegnarsi al crogiuolo delle razze. E invece il Sudtirolo sta diventando più plurietnico con cingalesi e pakistani ma intanto sempre più "Italiener-frei": provincia de-italianizzata. Come ha osservato Norbert Dall'Ò nell'editoriale post-elettorale del settimanale "Ff", non è un buon segno che gli italiani - che sono ancora il 25% della popolazione altoatesina - abbiano solo l'8% dei consiglieri comunali, e che in tutti i municipi della Venosta sia rimasto un solo consigliere italiano. Vuol dire infatti che sempre più italiani votano Svp (e come dargli torto, se tra la Biancofiore amica del Silvio e il Luis Durnwalder si sentono più tranquilli col Durni?) mentre quello dei tedeschi è ancora un voto a blocco etnico (sia pure adesso frammentato a destra della Svp). "Proporzistan", la chiama Dall'Ò, rispolverando l'ironia sulla proporzionale etnica e lanciando l'allarme su una Todesmarsch capovolta: oggi sono gli italiani che marciano verso l'estinzione, non più i Südtiroler come sessant'anni fa.
E siccome nel tirolesissimo e bellissimo paese di Toblach-Dobbiaco è successa una cosa incredibile, e cioè l'elezione di un sindaco indipendente italiano - Guido Bocher, peraltro nato lì e maritato con una sudtirolese - e la Svp, forte della maggioranza in consiglio comunale, sembra stia già pensando come farlo friggere, cuocere e poi saltare, sarebbe invece bello che il partito del popolo sudtirolese riflettesse sull'Inter, sulla nazionale tedesca imbastardita e sull'irresistibile fascino degli intrecci etnici, e accettasse la sfida nuova di un "Walscher", en taliàn, che ha preso più voti dei sudtirolesi di pura razza. Perché il bello del popolo che vota è la scheda elettorale: simboli e nomi, liberamente crocettabili, senza denominazione etnica controllata.

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