Ninna nannaper i senza storia

di Paolo Ghezzi - NO

Una terra, una regione, anzi ancora meno: un distretto.
Del cuore e della memoria, però, non dell’industria o della sanità.
Un pezzetto di terra che però a ben guardare, a ben sentire, a ben ascoltare, «è un piccolo universo, in cui le cose apparentemente più insignificanti in realtà sono particelle microscopiche che influiscono sulla macchina universale».
Per questo l’ultimo libro di Maurizio Maggiani, dichiarazione d’amore appassionato per la sua Garfagnana, tra montagna e mare, la sua gente e le sue storie - e quindi dichiarazione d’amore per il mondo intero - s’intitola «Meccanica celeste».
Nell’epoca in cui bisogna andare a «vedere» tutto il mondo, virtualmente o con i jet (nuvole vulcaniche permettendo) il compito del narratore di storie - e Maggiani, in Italia, è tra i pochi - è proprio quello del visionario, dello sciamano capace di evocare, con l’arte magica della parola, non solo vicende e intrecci, ma volti, colori, odori richiamati dall’aldilà concreto e sanguigno delle vite altrui, riafferrate da ogni brandello di tempo e di spazio: «Nel romanzo non c’è niente di autobiografico, l’io narrante non sono io, ma c’è molto di biografico: questo universo è reale». La maestra Duse e l’orfana Santarellina, l’Omo Nudo reduce dai lager, l’Otello iscrittore di lapidi.
Un piccolo mondo che è la grande commedia, tragica e buffa, della vita.
Che il romanzo cominci con il concepimento di un figlio e che Maggiani abbia cominciato a scriverlo nella notte in cui attendeva col fiato sospeso l’esito del voto americano, aspettando Obama invece di Godot insomma, dice proprio che il narratore di microcosmo in verità ci racconta la meccanica di tutto l’universo, perché ogni terra del mondo ha i suoi matti, i suoi prepotenti, le sue mamme e i suoi sognatori, i suoi santi e le sue puttane (a volte sante).
Ascoltare poi - anche in radio o tv - il Maggiani raccontare a voce il suo racconto, è esperienza rara: perché il nostro riesce miracolosamente ad evitare i tic e i luoghi comunissimi dello scrittore-che-piace-alla-gente-che-piace, è estraneo al fighettismo politicamente corretto, non abbocca alle obbligatorie battute sulla gnocca ma difende l’arte del fare l’amore e l’onore della cucina contadina e dello gnocco avito, ha una faccia sbilenca e una parlata dialettale, s’incespica nelle parole ma poi le raddrizza, chiude gli occhi per ritrovare la lingua dei padri e addirittura per cantare un’antica ninna nanna, come ha fatto dalla Dandini regalandoci il minuto di tv più emozionante dell’ultimo anno. In un tempo in cui solo chi detiene il potere o ha conquistato il successo sembra avere il diritto di  parola nel mondo, Maggiani - anarchico autentico - ridà la parola a tutti gli altri: «Sono certo che una parte dell’umanità ha vissuto e tuttora vive in innocenza al cospetto dell’universo e al cospetto del suo Dio, se ce l’ha. È una buona parte dell’umanità, in particolare quella trasparente alla storia, che non è compresa nella manualistica, così come nessuno dei miei personaggi compare in un manuale di storia contemporanea. La loro innocenza sta nel fatto di essere dentro la Storia, e di farla con le mani. È gente che non parla quasi mai perché ha troppe cose da fare prima di arrivare a notte e finalmente salvarsi, è dentro la storia, ma è anche fuori da essa, ne è tenuta fuori. Si può usare un’espressione forse troppo abusata: sta nel mondo, ma non è tutta del mondo. Ha qualcosa in più rispetto a quello che la sua epoca chiede. Se ho un ruolo fecondo nel mondo in cui vivo è perché sono un pochino più grande di quello che l’epoca in cui vivo pretende da me. La mia anima è un pochino più vasta di quella che mi si chiede di avere. Sono nella Storia, ma un pochino più grande di lei».

comments powered by Disqus