Televoto: e va in ondail trionfo del peggiore

di Paolo Ghezzi - NO

Lebrutte canzoni che hanno appestato l’aria di Sanremo, e le ancor piùorribili “canzoni” vincitrici che hanno sconfitto le rare canzonettetrascurabili ma almeno orecchiabili (Cristicchi, Arisa, D’Angelo,Povia), certificano che l’Italia - in profonda crisi politica edeconomica - attraversa anche una devastante e forse irreversibile crisimusicale. Il Paese del melodramma lirico e dei cantautori-poeti haimboccato con grande convinzione la strada del kitsch, del trash, delsimil-rock, del fanta-pop e del tardo-soul, della distruzionesistematica dell’oggetto canzone che era un nostro vanto nazionale e ungenere perfino esportato.
La spazzatura sonora che ha trionfato sabato sera certifica però ancheil trionfo del voto scriteriato e della cattiva televisione. Il popolodi Videocracy-land non potrà mai votare il migliore (a Sanremo era duracomunque) ma voterà tendenzialmente il peggiore, perché la logica dellatelevisione commerciale - su cui qualcuno ha costruito anche unastraordinaria carriera politica - è la logica del livellamento verso ilbasso. Per piacere alla massa, per fare audience, il criterio del“bello e buono” non funziona: viceversa trionferà la mediocritàrivestita di pseudomodernità, “aggiornata” per piacere sia al popolosenile, all’Italia vecchia imprigionata nei salotti davanti aglischermi, sia alle frange neo-proletarie di una gioventù incolta ecresciuta a dosi venefiche di merendine e reality: tecnicamenteintossicata, e dunque portata a televotare i prodotti musicali piùtossici. Musicalmente sorda, elegge una faccia, un look, un trend, unbrand, un gossip.
Ah, il televoto: decide il popolo sovrano, proclamava la matronaleClerici cercando di placare i dissensi dell’Ariston (incidentalmente,il nome del teatro sanremese significa, in greco, “Il Migliore”).Appunto, il popolo è lo stesso che ieri ha amato Mussolini, che oggiama Silvio e televota la “canzone” (parola grossa, in questo caso)scritta e interpretata dall’inutile discendente di una monarchia pocoilluminata: il popolo italiano ha dimenticato anche la pregiudizialeantifascista e antimonarchica su cui nasce la Repubblica fondata sullavoro. Ecco che cos’è il popolo del televoto.
Per cui Sanremo, con i suoi 12 milioni e rotti di telespettatori(tanti, troppi, ma non tutti, e nemmeno la maggioranza: per fortuna c’ècomunque un’altra Italia, no? boh!) è davvero la metafora dell’Italiain crisi, smarrita, brutta, volgare, gridata, svampita, istupidita.Un’Italia dove non si insegna musica nelle scuole (e si sente!) ma dovefioriscono le scuole per veline e sventati (e si vede!). Un’Italia dovenon vince il merito (non a caso a Sanremo non esiste la giuria“tecnica”, che rende invece sopportabile e televedibile l’X Factor diMorgan & Maionchi, Bastard & Noemi) ma vincono l’isteriacollettiva, la telegenetica da laboratorio, gli organismi canorivideomodificati, le tossine della “popolarità”.
Il popolo del televoto è pronto ad eleggere l’insulso principino allafunzione di ministro della cultura patriottica e la debordante Clericial trono di regina. Italia amore mio!?! Per fortuna le frontiere sonoaperte, l’emigrazione non è illegale. Voooolareee, oh oh... 

comments powered by Disqus