Cultura / Il lutto

Addio a Michela Murgia, scrittrice e attivista dalla voce sempre libera

L’autrice è morta a Roma oggi, giovedì 10 agosto, all’età di 51 anni: malata da tempo, aveva rivelato negli ultimi mesi di essere affetta da un carcinoma renale al quarto stadio. Attraverso i social aveva raccontato il periodo della sua malattia, senza mai dimenticare i dibattiti d’attualità 

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ROMA. In questa serata di San Lorenzo, la cultura italiana mira altri due occhi verso il cielo: si è spenta oggi (giovedì 10 agosto) all’età di 51 anni Michela Murgia, scrittrice, femminista e attivista, da tempo affetta da un carcinoma renale.

Negli ultimi mesi, aveva rivelato di essere malata, il carcinoma era giunto al quarto stadio. Quella “sopravvivenza emotiva” è stata da lei narrata, di settimana in settimana, attraverso i suoi canali social e racchiusa tra i temi dell’ultimo lavoro da lei pubblicato: “Tre ciotole. Rituali per un anno di crisi” (Mondadori), presentato in maggio al Salone del libro di Torino. 

Nata a Cabras, in Sardegna, nel 1972, Michela Murgia lavorò come insegnante di religione delle scuole e fu anche dirigente di una centrale termoelettrica. Militante di Azione Cattolica, si avvicinò poi alla scrittura: dal blog “Il Mio Sinis” all’inserimento tra gli scrittori dell’antologia “Cartas de logu: scrittori sardi allo specchio”. Il successo letterario arrivò nel 2009 con il romanzo Accabadora, capolavoro di narrativa contemporanea che ottenne il premio Dessì, il premio Campiello e il Super Mondello. Negli anni successivi scrisse saggi, romanzi, pamphlet, continuando l’attività teatrale e avviando quella Podcast (Il progetto “Morgana”, in collaborazione con Chiara Tagliaferri, divenuto poi libro). 

Il 29 luglio, condividendo uno scatto dall'ospedale durante le terapie, Murgia aveva scritto sui suoi profili social: "Ricevo moltissimi messaggi ogni giorno, tutti affettuosi (gli altri non li vedo, ho sviluppato una felice cecità selettiva) ma non riesco a rispondere a tutt3, perché sono spesso banalmente troppo stanca. Vado un po' più spesso in ospedale, a volte all'improvviso perché il corpo sorprende e ieri mi mancava il respiro a causa del troppo liquido negli anfratti dei tessuti. Il livello delle cure del nostro sistema sanitario mi ha però fino a ora consentito di tornare sempre a casa stando meglio".

"Ecco, la risposta che vorrei dare a chi mi chiede continuamente come sto, che era quella che dava Cesare de Michelis: posso stare meglio, ma non posso più stare "bene". "Meglio" è comunque preferibile a male, quindi godetene con me". 

Si è spenta una voce che è sempre stata libera, a difesa dei diritti di e per tutti. 

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