L’omicidio / La sentenza

Carol Maltesi, ecco perché il killer è stato condannato a 30 anni e non all'ergastolo: "Lei era troppo disinibita"

Rese note le motivazioni della sentenza del mancato ergastolo: Davide Fontana, che uccise e fece a pezzi la 29enne attrice hard, "si sentì usato da lei". Esplodono le polemiche. Poche ore prima di essere stata uccisa aveva fatto uno spettacolo nella nostra regione

TESTIMONIANZA Parla il dj trentino

MILANO. Non vi fu premeditazione e nemmeno le aggravanti dei motivi futili o abietti e della crudeltà. È per questo che Davide Fontana, bancario di 44 anni, è stato condannato a 30 anni e non all'ergastolo (come chiedeva il pm) per aver ucciso a martellate e con una coltellata alla gola l'11 gennaio 2022 Carol Maltesi, 26 anni, a Rescaldina, nel Milanese, facendone poi a pezzi il corpo che fu trovato mesi dopo nel Bresciano, dentro alcuni sacchi dell'immondizia.

A Bolzano l’ultimo show di Carol Maltesi, poche ore prima di essere fatta a pezzi proprio da chi l’aveva accompagnata

Carol Maltesi ha tenuto il suo ultimo spettacolo a Bolzano, allo Showgirl Disco Sexy di via Siemens. La venticinquenne milanese, nome d'arte Charlotte Angie, era salita nel capoluogo altoatesino nella serata del 7 gennaio, accompagnata proprio da Davide Fontana, l'uomo che poche ore più tardi l'avrebbe uccisa e fatto scempio del suo corpo.

 "Si è reso conto che la giovane e disinibita Carol Maltesi si era in qualche misura servita di lui per meglio perseguire i propri interessi personali e professionali e che lo avesse usato e ciò ha scatenato l'azione omicida", scrivono i giudici per spiegare l'assenza di motivi futili o abietti. 

"La sentenza del Tribunale di Busto Arsizio per il femminicidio di Carol Maltesi giudicata disinibita lede i diritti umani di una donna morta per femminicidio. Una sentenza basata su stereotipi di genere che colpevolizzano una donna uccisa e giustificano il femminicidio tanto da diminuire la pena e rigettare la richiesta di ergastolo. Una sentenza che non rende giustizia a Carol e a tutte le donne vittime di violenza anzi, perpetra una ulteriore violazione da parte della magistratura che rappresenta lo Stato Italiano e la sua giustizia". Così in una nota Simona Lanzoni, vice presidente di Fondazione Pangea Onlus e coordinatrice della Rete Reama.

"Tale sentenza - aggiunge - aggrava ulteriormente la posizione dell'Italia, già condannata dalla Corte europea dei Diritti umani di Strasburgo, per giudizi stereotipati su una vittima di violenza. Ricordiamo infatti la sentenza del 27 maggio 2021 che ha condannato l'Italia per l'uso di stereotipi di genere colpevolizzanti e moraleggianti. Ciò continua a scoraggiare la fiducia delle donne nella giustizia e le espone al rischio di vittimizzazione secondaria. Oggi il copione si ripete. Ricordiamo all'Italia che si deve allineare a quanto afferma la Corte Europea e le raccomandazioni del Grevio. Siamo profondamente indignate da questa sentenza - conclude Lanzoni - frutto di una cultura sessista che permea così profondamente la magistratura italiana. Ancora oggi chiediamo giustizia, che sia certa e scevra da ogni stereotipo di genere contro le donne".

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