Politica / Lo scontro

Imputazione del sottosegretario Delmastro: critiche anche dal ministero della giustizia, esplode la polemica

Interviene anche il dicastero retto da Carlo Nordio (sempre con la formula delle "fonti) e parla di decisione "irragionevole, ieri un duro attacco ai giudici era arrivato da palazzo Chigi, anche sul caso Santanchè. La leader Pd Elly Schlein: "Il governo risponda alle gravi accuse nel merito, invece di alimentare un pericoloso scontro tra poteri diffondendo una nota dai toni intimidatori"

ROMA. Il governo Meloni non si fa problemi ad attaccare la magistratura, torna l'eco di parole d'ordine del passato in cui il centrodestra berlusconiano accusava i giudici di fare politica con iniziative "a orologeria".

La questione ora riguarda la vicenda che vede protagonista il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro per il quale il gip ha chiesto l'imputazioen coatta.

Prima l'attacco frontale da non meglio precisate "fonti  di palazzo Chigi" citate dall'Ansa, che ieri hanno parlato di magistratura che sembra fare "opposizione" in vista delle elezioni "europee".

Ora critiche anche da "fonti" del ministero della Giustizia, sempre citate dall'Ansa: si sostiene che "l'imputazione coatta nei confronti dell'on. Delmastro Delle Vedove, come nei confronti di qualsiasi altro indagato, dimostra l'irrazionalità del nostro sistema" ed è "irragionevole".

Si può presumere ragionevolmente che dietro le "fonti" vi siano da un lato la premier stessa, Giorgia Meloni, e dall'altro il ministro Carlo Nordio.

Il caso Delmastro si interseca mediaticamente e politicamente con quello della ministra Santanchè e evidentemente nella maggioranza c'è preoccupazione.

Su questa modalità singolare di esternare, il govenro è stato severamente criticato dalla segretaria Pd Elly Schlein: "Quella del sottosegretario Del Mastro e della ministra Santanchè stanno ormai diventando due pagine davvero inquietanti della cronaca politica italiana. Ed è assolutamente inaccettabile in un sistema democratico che, anziché rispondere alle gravi accuse nel merito, palazzo Chigi alimenti un pericoloso scontro tra poteri dello Stato diffondendo una nota con toni intimidatori nei confronti della magistratura. A questo punto è inevitabile che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni esca dal suo silenzio e si assuma le sue responsabilità. Hanno passato il segno e non si può andare avanti così. Soprattutto se questo significa farlo ai danni del Paese che, nel frattempo, continua a non ricevere risposte", conclude la numero uno democratica.

All'origine delle reazioni stizzite del governo c'è la decisione del giudice per le indagini preliminari del tribunale di Roma di chiedere l'imputazione coatta per Andrea Delmastro: per il gip sapeva che i documenti su Cospito erano segreti e nonostante tutto li ha diffusi.

È l'ennesimo colpo di scena nella vicenda che riguarda il sottosegretario alla Giustizia, indagato per rivelazione del segreto d'ufficio in merito ad alcune informazioni in carcere che riguardavano il caso Cospito, l'anarchico detenuto al 41 bis che per mesi è stato in sciopero della fame.

Caso Cospito, il gip chiede l'imputazione coatta per Delmastro

Il sottosegretario alla Giustizia indagato per rivelazione di segreto d'ufficio

Il nuvolone giudiziario sull'esponente del governo si aggiunge alla bufera su Daniela Santanché, la ministra del Turismo indagata per bancarotta nell'inchiesta milanese con al centro Visibilia, il gruppo editoriale che ha fondato.

Anche se l'affaire Delmastro sembrava quasi chiuso, dopo la richiesta di archiviazione da parte della Procura avanzata nel maggio scorso, a scrivere un nuovo capitolo della vicenda è stato il gip che ha respinto la proposta dei pm.

Una sollecitazione non recepita dal giudice che ora chiede alla Procura di formulare, molto probabilmente non prima di settembre, una richiesta di rinvio a giudizio che dovrà essere poi vagliata in una nuova udienza gup.

Il procedimento ruota intorno alle dichiarazioni fatte nel febbraio scorso alla Camera dal vicepresidente del Copasir, Giovanni Donzelli, collega di partito di Delmastro.

Donzelli, in un intervento nel quale attaccò duramente parlamentari del Pd che durante ordinarie visite nelle carceri avevano incontrato anche Cospito,  riferì il contenuto di conversazioni avvenute nell'ora d'aria nel carcere di Sassari tra Cospito e detenuti di camorra e 'ndrangheta, anche loro al 41 bis.

Informazioni che Donzelli aveva avuto dal compagno di partito, nonché coinquilino all'epoca dei fatti, Delmastro che ha la delega al Dap. Quanto riferito dal sottosegretario a Donzelli faceva parte di un'informativa del Dap predisposta sulla base dell'osservazione in carcere dei detenuti e che lo stesso Delmastro aveva chiesto di visionare: i colloqui indicavano l'auspicio che quella contro il carcere duro diventasse una battaglia comune tra boss mafiosi e l'anarchico.

Un mese e mezzo fa, in merito alla vicenda Delmastro, la Procura di Roma aveva formalizzato la richiesta di archiviazione del procedimento in cui è indagato il sottosegretario alla Giustizia ed esponente di Fdi, perché - secondo il pm - pur trattandosi di una violazione del segreto amministrativo, sarebbe mancato "l'elemento soggettivo" del reato, ovvero la volontà dolosa di Delmastro.

Entrando nel merito del procedimento e ascoltate le parti, il Gip ha però valutato che lo stesso sottosegretario alla Giustizia sapesse della segretezza di quei documenti, aggiungendo dunque l'elemento della soggettività e della consapevolezza che in questo caso avvalorano il reato.

"Prendo atto della scelta del Gip di Roma - ha commentato Delmastro - Avrò modo, davanti al Giudice per l'Udienza Preliminare di insistere per il non luogo a procedere per insussistenza dell'elemento oggettivo, oltre che di quello soggettivo. Sono fiducioso che la vicenda si concluderà positivamente, convinto che alcun segreto sia stato violato, sia sotto il profilo oggettivo che sotto il profilo soggettivo".

L'indagine venne avviata a piazzale Clodio nel febbraio scorso dopo una denuncia presentata dal parlamentare dei Verdi, Angelo Bonelli, che chiedeva ai magistrati di verificare l'eventuale violazione del segreto di ufficio. Gli inquirenti, dopo avere ascoltato il capo del Dap e i vertici del Gruppo operativo mobile (Gom) della polizia penitenziaria, il 17 febbraio convocarono lo stesso Delmastro a piazzale Clodio: nel corso dell'interrogatorio il parlamentare affermò che a suo dire non c'era stata "nessuna rivelazione" in quanto "l'atto non era secretato".

In queste ore lo stesso Bonelli invoca le dimissioni del sottosegretario e parla di "uso spregiudicato che Delmastro e Donzelli hanno fatto di atti riservati dello Stato. Oggi chi deve chiarire è la presidente Meloni e il ministro Nordio". Stessi toni dal Pd, che chiede "un chiarimento politico e istituzionale" alla premier e al Guardasigilli. Al contrario, la vicepresidente di FdI alla Camera, Augusta Montaruli, definisce una "forzatura" la decisione del gip.

Invece, da palazzo Chigi, dopo giorni di silenzio attorno al caso di Daniela Santanchè, quando arriva la notizia dell'imputazione coatta per Delmastro, arrivano parole durissime contro i magistrati.

E oggi critiche anche dal ministero della Giustizia, il quale sostiene che "l'imputazione coatta nei confronti dell'on. Delmastro Delle Vedove, come nei confronti di qualsiasi altro indagato, dimostra l'irrazionalità del nostro sistema" ed è "irragionevole".

"È necessaria una riforma radicale che attui pienamente il sistema accusatorio", sostengono le stesse fonti che si pronunciano anche sul caso di Daniela Santanchè, manfiestando "ancora una volta, lo sconcerto e il disagio per l'ennesima comunicazione a mezzo stampa di un atto che dovrebbe rimanere riservato".

La riforma proposta dal ministro Nordio, aggiungono in proposito, "mira ad eliminare questa anomalia tutelando l'onore di ogni cittadino presunto innocente sino a condanna definitiva".

Se nei giorni scorsi dagli ambienti della maggioranza era filtrata la voglia di accelerare il più possibile la riforma della giustizia, questa volta è Giorgia Meloni a vestire di ufficialità, seppure sotto forma di "fonti", il messaggio che il governo invia ai magistrati: non pensino di fare politica, l'esecutivo non si farà intimidire e andrà avanti forte dei numeri.

Il presidente del M5s, Giuseppe Conte, parla di un "attacco vergognoso alla magistratura".  

Il refrain del governo è quello della "giustizia a orologeria" di berlusconiana memoria, tirato in ballo anche per la "curiosa" coincidenza delle notizie sui giornali di Santanchè indagata proprio nel giorno della sua informativa al Senato. Una autodifesa "un po' pasticciata", si diceva in mattinata nei corridoi di Montecitorio.

Ma che la premier sposa includendo anche la ministra del Turismo negli esempi di magistratura che fa politica: quando due episodi come l'imputazione coatta e informazioni finite sui giornali "fuori legge" interessano "due esponenti di governo - il pensiero di palazzo Chigi - è lecito domandarsi se una fascia della magistratura abbia scelto di svolgere un ruolo attivo di opposizione.

E abbia deciso così di inaugurare anzitempo la campagna elettorale per le elezioni europee".

Guarda caso proprio dopo che il ministro Carlo Nordio ha presentato la riforma della giustizia, rincarano la dose nel Palazzo, ricordando che i precedenti non mancano. Andando a ripescare la riforma Mastella e la caduta del governo Prodi. Un concetto espresso in chiaro anche dal vicepremier e ministro degli esteri Antonio Tajani.

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