Politica / Il caso

Ddl Zan e protesta vaticana, Draghi: "L'Italia è uno stato laico". La palla resta al Parlamento

Il premier è intervenuto oggi in Senato, dove dovrebbe tenersi il voto finale sul disegno di legge anti-omofobia di cui la Chiesa cattolica chiede la modifica appellandosi al Concordato

LA PROTESTA Lotta all'omofobia: il Vaticano chiede modifiche al ddl Zan: "Non rispetta il Concordato"
TRENTO In centinaia alla manifestazione a favore del ddl: “Basta all’odio e a ogni forma di discriminazione”

ROMA. Durante la replica in Senato, questo pomeriggio, il premier Mario Draghi ha sgombrato il campo dagli equivoci sul ddl Zan contro l'omofobia e le discriminazioni: "L'Italia è uno stato laico. Il Parlamento è certamente libero di discutere e non solo. Il nostro ordinamento contiene tutte garanzie per rispettare gli impegni internazionali tra cui il concordato. Ci sono controlli preventivi nelle commissioni parlamentari. Ci sono controlli successivi nella Corte costituzionale", ha detto sulla questione della missiva inviata dal Vaticano per chiedere modifiche a un disegno di legge che secondo la Chiesa cattolica potrebbe minacciare la "libertà di pensiero e di espressione" dei credenti o obbligare le scuole private a celebrare la Giornata che si prevede di istituire su questo tema. 

"Il governo non entra nel merito della discussione. Questo è il momento del Parlamento, non è il momento del governo", ha aggiunto Draghi in aula al Senato.

Nella nota verbale indirizzata il 17 giugno dalla segreteria di Stato vaticana all'ambasciata d'Italia presso la Santa sede si rileva "che alcuni contenuti dell'iniziativa legislativa del ddl Zan, particolarmente nella parte in cui si stabilisce la criminalizzazione delle condotte discriminatorie per motivi 'fondati sul sesso, sul genere, sull'orientamento sessuale, sull'identità di genere' - avrebbero l'effetto di incidere negativamente sulle libertà assicurate alla Chiesa cattolica e ai suoi fedeli dal vigente regime concordatario".

Il Vaticano rilancia così le critiche arrivate da destra all'iniziativa di legge, che pur non prevedendo alcun obbligo su cerimonie, lezioni o quant'altro, prevede le fattispecie perseguibili di chi, esprimendo il proprio pensiero discriminatorio istiga altri ad atti di violenza fisica o verbale o a comportamenti umilianti o discriminanti nei riguardi di persone che hanno diversi orientamenti o identità sessuali.

"Ci sono espressioni della Sacra Scrittura e delle tradizioni ecclesiastiche del magistero autentico del Papa e dei vescovi - prosegue la missiva vaticana - che considerano la differenza sessuale, secondo una prospettiva antropologica che la Chiesa cattolica non ritiene disponibile perché derivata dalla stessa Rivelazione divina

Tale prospettiva è infatti garantita dall'Accordo tra la Santa Sede e la Repubblica italiana di Revisione del concordato lateranense, sottoscritto il 18 febbraio 1984'". 

Qualcuno lo vede come un intervento a gamba tesa, altri come una occasione per riaprire il dialogo tra i vari fronti opposti sulla questione.

Dalle parole del premier Draghi si potrebbe intendere che la palla resta al Parlamento sovrano, dove si attende ora il voto finale a palazzo Madama: eventuali modifiche azzerrerebbero l'iter provocando probabilmente l'insabbiamento del disegno di legge.

La Santa Sede ha ufficialmente chiesto al governo italiano di ripensare, "rimodulare" è la parola usata Oltretevere, il ddl Zan perché, così com'è ora, potrebbe configurare una violazione del Concordato, mettendo a rischio "la piena libertà" della Chiesa cattolica. Un appunto che mons.

Richard Gallagher, il diplomatico vaticano che tiene i rapporti con gli Stati, ha fatto pervenire sul tavolo del ministro degli Esteri Luigi Di Maio.

"Il Parlamento è sovrano, i parlamentari decidono in modo indipendente quello che vogliono votare. Il Ddl Zan è già passato alla Camera e adesso è in Senato, noi come Parlamento non accettiamo ingerenze. Il Parlamento è sovrano e tale rimane sempre", ha detto il presidente della Camera Roberto Fico ad Agorà su Raitre.

La maggioranza giallo-rossa difende a spada tratta la legge, da M5s al Pd.

Il segretario Enrico Letta però lascia anche uno spiraglio al confronto: "Siamo pronti a guardare i nodi giuridici, siamo disponibili al dialogo, ma sosteniamo l'impianto della legge che è una legge di civiltà".

Letta con il Pd vuole vedere approvata la legge, lo conferma anche oggi, e da una parte avrebbe attivato canali 'diplomatici' con il Vaticano per disinnescare il contenzioso, ma dall'altra si è subito confrontato con Di Maio. Italia Viva, che ha sempre auspicato un confronto più ampio, oggi, per bocca di Ettore Rosato, manda un segnale: "Proviamo ad ascoltarle queste obiezioni di merito che sono arrivate, non solo dal mondo cattolico".

E anche dal fronte della Lega arrivano parole nella direzione di una apertura al confronto, senza il muro contro muro: "Sul ddl Zan io sono pronto a incontrare Letta, anche domani", dice Matteo Salvini.

Una convergenza che fa scrivere ad Avvenire, il quotidiano dei vescovi: "Dal dibattito sul Concordato lo spunto per il dialogo".

Quello che aveva chiesto il presidente della Cei, il card. Gualtiero Bassetti, anche sfidando l'anima più conservatrice della Chiesa italiana che ha fatto del ddl Zan un totem da abbattere. Sta di fatto, comunque, che è la prima volta che il Vaticano sfodera l' 'arma' del Concordato per chiedere la revisione di una legge italiana. La preoccupazione è che la libertà di espressione venga compressa dalle nuove norme e che "non si possa più svolgere liberamente l'azione pastorale, educativa, sociale".

Ma il pensiero del Papa è anche per quelle scuole cattoliche per i quali i genitori pagano una retta e che invece si dovrebbero forse 'adeguare' a nuovi eventi e programmi legati, sì, all'omofobia e anche al gender e ad una concezione della famiglia che non coincide con la dottrina della Chiesa.

E il rischio, spiegano fonti parlamentari di rango, è che la protesta della segreteria di Stato abbia radicalizzato le posizioni di chi vuole la legge al più presto.

La protesta da Oltretevere è stata consegnata all'ambasciata italiana presso la Santa Sede e gli uffici diplomatici l'hanno a loro volta inviata al Quirinale. Si tratta di una nota verbale, che nel linguaggio delle feluche è una forma di corrispondenza tra ambasciate o tra una missione diplomatica stabilita in uno Stato accreditatario e il ministero degli Esteri dello Stato medesimo. È redatta in terza persona e non è firmata.

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