Restrizioni natalizie: il governo apre a deroghe per incontri fra congiunti Zona rossa, il confronto continua

Il governo, a quanto si apprende questa mattina da fonti dell’esecutivo, sta valutando la possibilità di una deroga al divieto di spostamenti tra comuni - ed eventualmente anche all’interno di uno stesso comune in caso di ripristino della zona rossa - per i congiunti più stretti in occasione cenone della vigilia di Natale e del pranzo del 25.

La deroga, in ogni caso, riguarderebbe un numero strettissimo di congiunti: due, secondo le stesse fonti.

È una deroga che andrebbe incontro anche alle richieste avanzate dagli amministratori della Lega in queste ore, compreso il presidente trentino, maurizio Fugatti, che ieri pomeriggio aveva modificato la posizione espressa in mattinata allineandosi a una dichiarazione congiunta degli esponenti del Carroccio contraria al blocco degli spostamenti a Natale e a un anticipo della zona rossa già al 19 dicembre. Critiche dai leghisti anche alla sterzata del governo, che abbandona il modello per aree geografiche distinte e decide di adottare misure uniformi in tutta Italia a prescindere dalle condizioni epidemiche locali.

Oggi la maggioranza si confronterà nuovamente, dopo l’acceso dibattito di ieri che ha visto confrontarsi duramente fautori della linea morbida (fra i quali il premier Conte) e difensori delle chiusure generalizzate (il Pd e il ministro Speranza).

La sintesi dovrebbe arrivare prima del pomeriggio o al massimo in serata.
Oggi sono in programma, dopo il vertice decisivo sulle restrizioni natalizie, sia un nuovo confronto Stato-Regioni sia l’incontro di verifica politica tra Conte e Renzi (Italia Viva è critica sulla gestione del Recovery Fund ma anche sull’eccesso di chiusure natalizie).

Queste le ipotesi principali ancora sul tavolo: tutta Italia zona rossa nei festivi e prefestivi o un’unica zona arancione dal 24 dicembre al 6 gennaio.

E controlli più serrati in stazioni, aeroporti, grandi arterie autostradali e vie dello shopping, per scongiurare assembramenti nell’ultimo week end prima di Natale.

La prima è quella sostenuta dai rigoristi, vale a dire una zona rossa per tutta l’Italia dal 24 dicembre al 6 gennaio anche se il compromesso più probabile prevede un’Italia in rosso dal 24 al 27 dicembre e dal 31 dicembre al 3 gennaio, otto giorni in totale in cui varrebbero tutte le regole già in vigore nelle regioni rosse: vietato ogni spostamento, non solo in entrata e in uscita dalla propria regione ma anche all’interno del comune di residenza, salvo comprovate esigenze lavorative, motivi di salute o situazioni di necessità.

E sarebbero chiusi tutti i negozi (ad eccezione di alimentari e farmacie) nonché ristoranti, bar, pub, gelaterie e pasticcerie. Di fatto, si potrebbe uscire da casa solo per fare attività motoria, ma «in prossimità della propria abitazione» o attività sportiva «in forma individuale».

C’è poi un’ulteriore ipotesi, più soft, che prevede l’istituzione di una zona arancione per tutta Italia dalla vigilia di Natale alla Befana o, in alternativa, nei giorni prefestivi, vale a dire il 24, il 31 dicembre e il 2 gennaio. Le misure previste in questa fascia consentirebbero di bloccare comunque gli spostamenti all’esterno del proprio comune e di chiudere bar e ristoranti - due degli interventi invocati dai tecnici per evitare che vi siano pranzi, cene e ritrovi nelle case o nei locali - mentre resterebbero aperti i negozi.

Più chiare sono invece le misure sul fronte dei controlli, che si concentreranno soprattutto nel fine settimana del 19-20 dicembre, oltre che nelle giornate in cui verranno disposte le restrizioni più dure. Per l’ultimo fine settimana prima di Natale è previsto un esodo massiccio di italiani che si sposteranno per raggiungere i parenti prima che scattino i divieti e dunque vanno pianificati gli interventi.

Il premier ieri ha ripetuto che intende fino all’ultimo limitare al massimo le restrizioni, a quelle ritenute indispensabili per evitare che le festività diano il via alla terza ondata di contagi «a una velocità supersonica».


IL DIBATTITO POLITICO SULLE MISURE ANTI-COVID

La tensione si alza nel governo ma anche con le Regioni e con l’opposizione. Tra i ministri prevale però il fronte della fermezza: lo guidano Dario Franceschini e Francesco Boccia per il Pd, Roberto Speranza per Leu. Vorrebbero due settimane di semi-lockdown, sul modello tedesco, dal 24 dicembre al 6 gennaio. Ma Conte, sostenuto dalla linea più prudente di M5s e Iv, media: la zona rossa potrebbe scattare il 24-25-26, domenica 27, il 31 e 1 gennaio e poi nel weekend del 2-3. Festività come mai viste prima.

Il 7 gennaio, poi, assicura il premier, si farà di tutto perché la scuola riparta: «C’è un grande lavoro in corso».

Seicentottanta morti e più di 17mila contagiati solo nelle ultime 24 ore. È il dato che muove la «preoccupazione» del Cts, come ribadisce il coordinatore Agostino Miozzo: bisogna arginare i «potenziali rischi» che nascerebbero dall’incontro delle famiglie attorno a una tavola.

Conte ne è consapevole, si prepara a firmare a ore un nuovo dpcm (ancora in dubbio se serva o meno accompagnarlo con un decreto legge).

Il premier parla di un obiettivo di «massima resilienza»: «Le misure stanno funzionando fin qui ma ci stanno preoccupando - e hanno preoccupato anche gli esperti - quelle situazioni di assembramenti dei giorni scorsi. Faremo qualche intervento aggiuntivo», dichiara il premier.

Cosa intenda con quel «qualche» è il punto al centro della discussione del governo e con gli enti locali.

In mattinata Speranza e Boccia incontrano le Regioni e spunta un asse trasversale a favore di una zona rossa da Natale alla Befana: sono a favore i leghisti Zaia e Fedriga, oltre ai colleghi di Lazio, Molise e Marche.

«Restrizioni massime», dice Zaia. Giovanni Toti dissente: «Non vedo perché cambiare le regole, il governo non può imporre ai liguri la zona rossa».

All’ora di pranzo il presidente  riunisce i capi delegazione: è assente Teresa Bellanova, impegnata a Bruxelles. Iv è polemica con il premier ma fa sapere che si adeguerà alle decisioni dei colleghi di governo, «se chiare e coerenti». Iv, come noto, non vorrebbe chiudere ad esempio i ristoranti. È sulla linea opposta rispetto a Pd e Leu: Speranza ribadisce che la curva rallenta solo con le restrizioni, Boccia sottolinea che è troppo pericoloso tenere aperto nelle festività. Il M5s è per il rigore, come dice Alfonso Bonafede e anche Luigi

Di Maio, ma non per due settimane continuate di semilockdown. Il premier Conte si colloca sulla linea più cauta («Assenti i renziani, prende le loro parti», scherza un Dem). E in una lunga e assai tesa riunione di oltre quattro ore - che fa saltare al premier anche un impegno istituzionale - difende un quadro più da zona «arancione», con i negozi aperti e chiusure solo nei giorni festivi e prefestivi.
I rigoristi tengono il punto: il rischio, dopo, è pentirsene.
«È tempo di scelte rigorose di governo e Parlamento: solo regole più restrittive» potranno «salvare vite», twitta Franceschini, con il sostegno di Nicola Zingaretti.

Si discute se non sia il caso di chiudere il prossimo weekend, il 19 e 20, quando non c’è ancora il divieto di spostamento tra regioni gialle e si rischia un maxi-esodo. Ma l’idea sembra sfumare, il Viminale l’ha sconsigliato: troppo forte il pericolo di fuga dalle città e tensioni, se scatterà il blocco.

Altra ipotesi che per il ministero dell’Interno è impraticabile - ma nella riunione viene sondata - è quella di controlli dentro le case, per evitare che si organizzino feste in cascine e ville. Fino all’ultimo si discute quando davvero «da zona rossa» dovranno essere le restrizioni, se permettere l’apertura di alcuni negozi, se consentire a bar e ristoranti almeno in parte di lavorare. C’è anche il tema scuola: è saggio far ritornare i liceali al 75% in classe il 7 gennaio? Conte tiene il punto e «limita» la zona rossa ai soli giorni festivi e prefestivi.

Anche le chiusure potrebbero essere attenuate. Il premier attende Iv per il confronto finale: si farà al ritorno di Bellanova da Bruxelles.

Ma intanto Salvini riunisce i governatori leghisti e, dopo il via libera di Zaia alla zona rossa, li ricompatta nel chiedere al governo misure meno severe e più chiare e certe al più presto, dalla scuola ai rimborsi. Fedriga parla con Speranza: non si chiuda l’Italia il 19 e 20 e si conceda una deroga per vedere i familiari il giorno di Natale.

Resta anche il nodo degli spostamenti tra piccoli Comuni: una deroga potrebbe esserci, ma molto ristretta.

E al Senato viene arginata la mozione dei senatori Dem che chiedeva di aprire gli spostamenti a Natale e Capodanno fuori dai Comuni con meno di diecimila abitanti.

In Aula infatti arriva un testo condiviso da tutta la maggioranza che semplicemente invita il governo a vagliare misure «eque» per tutti, che non consentano a un cittadino di Roma di spostarsi per decine di chilometri e costringano l’abitante di un piccolo borgo a stare in un territorio senza neanche un supermercato.

In più al governo i senatori, su spinta di Iv, chiedono «ristori immediati» per tutti, non solo per chi chiuda.

La maggioranza approva, tra i fischi del centrodestra, che si fa beffe dei colleghi che fino a ieri chiedevano di aprire tutto. Prima il nuovo dpcm, poi per il governo sarà tempo di un nuovo decreto per i ristori.

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