Il reclutatore di jihadisti in Italia ha vissuto a Bolzano

Preso Moez Fezzani, uno dei nomi di spicco dei terroristi islamici

«Avendo abitato quasi sempre in Tunisia passo per tunisino, ma io mi sento di origine libica e se dovessi tornare in Nord-Africa tornerei sicuramente in Libia». Moez Fezzani lo aveva, in pratica, già annunciato più di 6 anni fa, durante un interrogatorio notturno a Milano dopo la sua consegna da parte degli Usa, che il suo futuro lo vedeva in Libia. Paese nel quale è diventato, una volta espulso dall’Italia, uno dei presunti capi dell’Isis e dove è stato arrestato mentre, in fuga da Sirte, cercava di raggiungere la Tunisia.
 
La storia di Fezzani, conosciuto anche col nome di Abu Nassim, è fatta di quasi dieci anni, tra l’88 e il ‘97, passati in Italia. «Ho vissuto a Milano (in via Paravia nel quartiere San Siro, ndr), Napoli, Bolzano e Valle d’Aosta. A Napoli ho fatto il bracciante, a Milano ho venduto eroina e hashish prima di diventare un uomo pio e religioso», ha raccontato davanti al gip Guido Salvini e al pm Elio Ramondini il 21 dicembre 2009.
 
Quella notte Abu Nassim, che ha 47 anni, era arrivato a Palazzo di Giustizia di Milano dopo un accordo tra l’allora premier Silvio Berlusconi e Barack Obama (anche altri due presunti terroristi detenuti a Guantanamo erano stati consegnati all’Italia). Sin dal 2007, infatti, i magistrati milanesi avevano chiesto più volte e senza successo agli Usa di poter eseguire l’ordinanza cautelare emessa a carico di Fezzani che, invece, catturato in Pakistan nel 2003, rimase per quasi 7 anni detenuto nella base militare americana di Bagram in Afghanistan.
 
Secondo il capo d’imputazione dell’epoca formulato dai magistrati milanesi, Fezzani, assieme ad altri, avrebbe fatto parte di una «articolazione» in Italia del «Gruppo Salafita per la Predicazione ed il Combattimento» che operava «in diretto collegamento con una rete di analoghi ed affini gruppi» attivi in Germania, Inghilterra, Spagna, Belgio, Francia, Algeria, Pakistan, Afghanistan e Tunisia. E, in particolare, Abu Nassim, tra il ‘97 e il 2001, dopo aver lasciato Milano, dal Pakistan avrebbe avuto il compito di «organizzare la logistica dei mujaheddin provenienti dall’Italia» che «venivano addestrati all’uso delle armi» e «alle azioni suicide». E non solo. Avrebbe anche organizzato e finanziato «il rientro dei mujaheddin» a Milano.
 
Nel 2012, poi, dopo più di due anni di carcere in Italia, la Corte d’Assise di Milano l’ha assolto. Dopo il proscioglimento sono arrivati, però, prima un provvedimento di espulsione e poi la condanna in appello a 6 anni, diventata definitiva. E oggi per l’Italia Fezzani è un latitante e su di lui, tra l’altro, il dipartimento antiterrorismo della Procura milanese, guidato da Maurizio Romanelli, sta effettuando ancora accertamenti.

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