«Esplosioni e spari vicino a dove viviamo» Il racconto dei trentini nell'inferno di Ankara

di Andrea Bergamo

Gli ingegneri Paolo Occidente, Francesco Frassinella e Ugo Helfer lavorano in Turchia per conto della Sws engineering dell’imprenditore trentino Paolo Mazzalai. La guesthouse dove sono alloggiati si trova ad Ankara, ad appena un centinaio di metri dal palazzo del primo ministro Binali Yildirim, al governo da maggio. Il distretto di Cankaya – dove è situata la residenza del premier neoeletto – è stato uno dei luoghi «caldi» della guerriglia di venerdì notte (I fatti), quando i militari hanno tentato il colpo di Stato.
 
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«Abbiamo udito spari e una decina di esplosioni di bombe» è il loro racconto della lunga notte in cui i militari hanno tentato il colpo di Stato. Un golpe fallito nel corso di una notte di spari, gente in piazza avvolta dalle bandiere, carri armati, esplosioni, morti e feriti. I tre professionisti hanno vissuto quelle lunghe ore dentro le mura domestiche, seguendo le news in diretta attraverso i siti di informazione italiani. «Siamo rimasti chiusi in casa - riferisce Occidente, origini romane - Gli aerei hanno iniziato a volare a bassa quota a partire dalle 22.30, ma a quell’ora non c’era alcun problema apparente. Abbiamo saputo di quanto stava accadendo dagli amici che ci hanno chiamato dall’Italia, che hanno appreso da tivù e internet che era in corso un colpo di Stato». La prima reazione dei tre professionisti è stata di assoluta sorpresa, ma immediatamente il trentino Frassinella (da un paio d’anni in Turchia) e Helfer (approdato ad Ankara da Mezzolombardo da appena un paio di mesi) hanno avvisato le famiglie di quanto stava accadendo, riferendo di essere in salvo e spiegando che non c’era nulla di cui preoccuparsi.
 
«Tutto è iniziato in maniera incruenta. Poi, nella notte abbiamo udito bombe e spari» continuano i trentini. «Da qui non vedevamo nulla, dato che l’appartamento in cui ci troviamo è al piano terra, e quando abbiamo sentito sparare ci siamo messi al riparo. Distiamo appena 100 metri dal palazzo del primo ministro. Capivamo bene da dove provenivano gli spari dei militari». Il presidente Erdogan, scappato inizialmente a bordo di un volo, quando i militari hanno occupato i centri nevralgici della Turchia - dall’aeroporto alla sede del partito di governo - ha invitato la popolazione a scendere in strada: «Questa è una zona residenziale, ma abbiamo sentito la gente urlare. Noi non siamo andati a vedere, anche perché ci trovavamo in una delle zone calde...». Già ieri mattina, tutto appariva sotto controllo.
 
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La guerriglia, secondo quanto affermano i trentini, è durata fino alle 4 di notte. Poi, tutto è tornato alla normalità: «Gli spari sono continuati ben oltre le 2, ora in cui Erdogan ha dichiarato che la situazione era sotto controllo». Fortunatamente, internet e i telefoni non hanno mai smesso di funzionare: «Chi ha un profilo sui social network come Facebook, non ha avuto alcun problema di connessione. Solo la televisione di Stato è stata oscurata, per poi riprendere le trasmissioni attorno alle 2. Si è trattato di un episodio assurdo, inaspettato e poco credibile – sostiene Occidente -. La Turchia è un Paese fortemente democratico, checché ne dicano i media italiani e del resto del mondo. Il governo è stato eletto democraticamente e questo va detto in modo chiaro». 
 
Ieri i tre ingegneri avevano in programma di lavorare. «Ma abbiamo dormito poco, per cui oggi faremo ben poco. Più tardi andremo a mangiare qualcosa e poi riposeremo» ci ha detto Paolo Occidente ieri mattina, per poi aggiungere: «In tivù il premier ha invitato la gente a tornare alla vita di sempre, a fare finta che nulla sia accaduto, proprio come aveva fatto dopo l’attentato all’aeroporto di Istanbul nelle scorse settimane».

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